Dietro la crisi algerino-marocchina: ragioni e conseguenze dell’interruzione dei rapporti diplomatici

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di Giacomo Leccese

Il 24 agosto scorso il ministro degli Esteri algerino Lamamra ha reso nota la chiusura delle relazioni diplomatiche con il Marocco, rispondendo alle continue “azioni ostili” marocchine verso l’Algeria e dando seguito alla precedente dichiarazione del presidente Tebboune, che aveva accusato Rabat e “il suo alleato, l’entità sionista” (Israele), di essere coinvolti negli incendi che a inizio agosto hanno colpito l’Algeria. I rapporti tra i due Paesi, tesi fin dall’indipendenza algerina, hanno visto una rapida escalation di tensione negli ultimi mesi e, tra le azioni ostili citate da Lamamra, sicuramente si inseriscono la dichiarazione del rappresentante permanente del Marocco alle Nazioni Unite, Omar Hilale, in merito al diritto all’autodeterminazione della regione algerina della Cabilia, e il presunto coinvolgimento marocchino nello spionaggio di leader politici e alte cariche militari algerine attraverso lo spyware Pegasus.i Le cause alla base del recente inasprimento dei rapporti, però, sono molto più ampie e vanno ricercate all’interno di un articolato contesto di competizione regionale, dove si intersecano elementi politici ed economici.

L’annosa questione del Sahara Occidentale

Come detto, la relazione tra Algeria e Marocco è stata contraddistinta da tensioni già al momento dell’indipendenza algerina, quando alcune rivendicazioni marocchine riguardo i confini sfociarono nella “Guerra delle Sabbie” del 1963. Il fattore principale nell’inasprimento dei rapporti, però, è sicuramente quello relativo al Sahara Occidentale. Infatti, quando nel 1975, dopo un accordo con la Spagna, le forze marocchine e mauritane iniziarono l’occupazione dell’ex possedimento coloniale spagnolo, l’Algeria accolse i numerosi rifugiati e decise di appoggiare le istanze di autodeterminazione del popolo Sahrawi, portate avanti dal Fronte Polisario. L’Algeria mirava con quella scelta a limitare la politica espansionistica marocchina, isolando il grande rivale regionale dal resto del continente, e puntava ad uno sbocco sull’Atlantico attraverso la creazione di uno Stato satellite nel Sahara Occidentale.ii La situazione di stallo venutasi a creare alla fine degli anni Ottanta tra le forze marocchine e il Fronte Polisario, con la costruzione di una barriera di 2700 km tra le posizioni dei due schieramenti, rese, però, le parti più inclini ad un accordo, che venne formalizzato, grazie all’intervento dell’ONU, nel Settlement Plan del 1991. Il piano prevedeva un cessate il fuoco monitorato dalla forza di pace MINURSO e un referendum sull’indipendenza nei successivi due anni, ma il fallimento di un disegno simile nel Timor Est portò l’ONU a considerare un accordo politico tra le parti necessario per una soluzione duratura. A distanza di trent’anni non è ancora stato possibile raggiungere questo compromesso e, nel novembre 2020, il Fronte Polisario ha ripreso le ostilità a seguito della violazione della linea di armistizio da parte delle truppe marocchine.iii Dunque, come sottolineato da Andrea Dessì, una delle ragioni dietro la decisione algerina di rompere le relazioni diplomatiche con il vicino potrebbe essere proprio quella di riportare la questione Sahariana al centro del dibattito internazionale e forzare un maggiore interessamento soprattutto da parte dell’UE, che fino ad ora, invece, è rimasta poco coinvolta.iv

Rivalità per la leadership regionale

I due Paesi sono, inoltre, coinvolti in una forte competizione per estendere la propria influenza sul Maghreb e il Sahel, ma più in generale anche nel resto del continente. In particolare l’Algeria si è sempre percepita come la maggiore potenza nel contesto magrebino e saheliano, considerato come il suo “chasse gardée”, e, dunque, non vede di buon occhio il ruolo sempre maggiore svolto dal Marocco nella regione.

Come sottolineato da Anouar Boukhars, lo Stato algerino nel corso degli anni non è mai riuscito a convertire le grandi capacità materiali e tecnologiche (secondo il Global Fire Power 2021 è la seconda forza militare dell’Africa dopo l’Egitto) in una forte e duratura leadership regionale. Infatti, il grande attivismo del primo trentennio di indipendenza nel sostenere in ambito multilaterale le istanze rivoluzionarie e il diritto all’autodeterminazione in tutto il continente africano (come in Congo, Angola, Mozambico, Namibia e Rhodesia) è stato ridimensionato dalla guerra civile scoppiata nel 1992. La lotta contro i rivoluzionari islamisti ha portato, tuttavia, in dote una notevole expertise in termini di controterrorismo, che è servita all’Algeria per porsi come uno dei maggiori provider di sicurezza nel Sahel negli anni successivi. Anche in questo caso, però, il Paese ha faticato a imporre il suo ruolo di egemone regionale, sia per il fallimento delle sue iniziative contro il terrorismo, come nel caso del CEMOC (Comité d’Etat-Major Opérationnel Conjoint) e del FLU (Fusion and Liaison Unit), sia per la sua rigidità dottrinale basata sul principio del non intervento, come testimoniò la riluttanza a rispondere alla richiesta di aiuto militare da parte del Mali nel 2012. Un’altra ragione dietro questa difficoltà a ottenere il riconoscimento della sua leadership da parte degli altri attori regionali è data dal fatto di non aver sfruttato il periodo d’oro nell’importazione degli idrocarburi per investire nel resto del continente. Questo, infatti, non ha permesso all’Algeria di porsi come un forte partner economico nella costruzione di infrastrutture e, dunque, ha costituito una delle cause del calo dell’influenza algerina nella regione.v

D’altra parte, invece, il Marocco è riuscito negli ultimi anni a tramutare le risorse a disposizione in una maggiore influenza regionale, proiettandosi non solo sulla tradizionale area d’intesse dell’Africa francofona, ma anche su quella anglofona. Dal punto di vista securitario, ad esempio, pur non avendo gli stessi mezzi algerini, ha svolto un ruolo importante supportando gli interventi francesi ma anche raccogliendo informazioni, attraverso i suoi servizi di intelligence, sui gruppi terroristici presenti nel Sahel. I due strumenti sui quali, però, il regno alawita ha basato la sua crescente influenza sono principalmente quelli legati all’aspetto economico e al soft power. Riguardo al primo, il Marocco sta cercando, attraverso grandi investimenti, di porsi come hub finanziario e come “porta” per i mercati africani in rapida espansione. In questo senso l’idea è quella di una “three-way cooperation” con cui attrarre risorse dalle monarchie del Golfo e dall’UE e reinvestirle nel continente. L’Office Cherifien des Phosphates (OCP), il principale esportatore di fosfati al mondo, Maroc Telecom, Royal Air Maroc, lo sviluppatore immobiliare Addoha Group e Attijariwafa Bank sono tutti esempi di società marocchine ben radicate in diversi paesi africani. Dal punto di vista del soft power, invece, il governo marocchino ha portato avanti diverse strategie in questi anni per aumentare l’attrattività e l’influenza del paese. Una di queste è quella di porsi come hub universitario dell’Africa e di formare i futuri alti dirigenti del continente attraverso un aumento delle borse di studio per studenti africani (il Moroccan Scholarship for African Youth 2021-2022, ad esempio, ne prevede 303 per 11 diverse università marocchine). Altri esempi sono i finanziamenti di attività culturali africane, la diffusione di media marocchini oltre i confini nazionali e la cosiddetta “host diplomacy”, che consiste nell’ospitare grandi eventi come la Marrakesh Climate Change Conference del 2016. Un fondamentale strumento di influenza e attrattiva è, poi, svolto dalla religione: il Marocco, infatti, ospita a Fez il principale luogo sacro della confraternita sufi della Tidjanyia, che conta milioni di fedeli nell’Africa occidentale, e si sta impegnando in varie iniziative volte a promuovere la tradizione moderata dell’Islam come alternativa all’estremismo dei gruppi terroristici del Sahel. In questo senso è particolarmente importante il ruolo dell’Istituto Mohammed VI per la formazione degli Imam e la Fondazione per gli Ulema Africani. Recentemente, infine, un altro strumento di soft power è stato l’accordo per la produzione del vaccino cinese anticovid-19, che renderà il Marocco uno dei principali fornitori nel continente.vi Tutte queste diverse strategie hanno avuto come risultato una crescente influenza marocchina nel continente a sfavore dell’Algeria e l’esempio lampante è il sempre maggior numero di Paesi Africani che stanno stabilendo missioni diplomatiche nella parte del Sahara Occidentale controllata dal Marocco, e che, dunque, stanno indirettamente sostenendo le rivendicazioni marocchine sulla regione.vii

Due contesti interni molto diversi

Questa dinamica riguardo l’influenza regionale dei due Paesi ovviamente è fortemente influenzata anche dalle differenze in termini economici e di stabilità politica nel contesto interno, soprattutto a seguito della pandemia da Covid-19. Già nel 2012 Mourad Goumiri, presidente dell’Associazione degli accademici algerini per la promozione degli studi sulla sicurezza nazionale (ASNA), aveva sottolineato un problema strutturale della politica algerina, affermando che una diplomazia fortemente basata sulla condivisione delle rendite petrolifere è destinata a perdere la sua influenza nel momento in cui i prezzi nel mercato del petrolio scendono.viii E infatti proprio questo è stato il caso dell’Algeria, tipico esempio di rentier economy, dove il settore degli idrocarburi costituisce circa il 60% del budget dello Stato e il 93% delle esportazioni. La crisi dei prezzi petroliferi del 2014 ha impattato negativamente sulle finanze pubbliche dello Stato, costringendo il governo ad una serie di misure impopolari come un forte taglio della spesa pubblica e una maggiore pressione fiscale. Queste politiche, sommate alla disoccupazione derivante da un’economia poco diversificata, hanno causato un malcontento poi sfociato nelle proteste di massa, guidate dal movimento Hirak, che hanno portato alle dimissioni del presidente Bouteflika nell’aprile 2019.ix Questo quadro è stato peggiorato dalla pandemia (l’economia algerina ha registrato nel 2020 una riduzione del 5,5%), poiché i prezzi degli idrocarburi si sono abbassati ulteriormente e, nonostante un leggero rialzo nel 2021, sono ancora molto lontani dai prezzi necessari per riequilibrare il bilancio statale. In una situazione del genere la dipendenza da attori esterni, tra cui soprattutto Russia, Cina e Turchia, è aumentata sensibilmente, come sottolineato da Michaël Tanchum. Il Covid-19, inoltre, ha gravemente colpito il Paese dal punto di vista della sanità, perché il sistema sanitario algerino (classificato 173º su 195 dal Global Health Security Index) ha faticato, a causa della mancanza di ospedali moderni e di condizioni igieniche adeguate, a fronteggiare la crisi.x

D’altro canto, il Marocco, con un’economia già maggiormente diversificata e sviluppata rispetto a quella algerina, ha subito in misura minore l’impatto della pandemia. Questo è osservabile sia dal punto di vista economico, dove ha dimostrato di avere forti ammortizzatori economici, sociali e regionali che gli hanno permesso di tenere sotto controllo il debito pubblico a meno del 75% del PIL e un debito estero sostenibile di 3.5 miliardi di euroxi, sia da quello sanitario, grazie a un sanità più organizzata (68° nel Global Health Security Index). Dal punto di vista politico, infine, le elezioni dell’8 settembre scorso hanno visto la schiacciante vittoria dei liberali del Raggruppamento nazionale degli indipendenti (Rni), molto vicini alla casa reale, che hanno promesso di continuare nel solco di politica estera tracciato dal re Mohammed VI, specialmente negli investimenti e nell’apertura verso l’Africa.xii

Diverso posizionamento nelle alleanze regionali

Secondo alcuni analisti, infine, uno dei fattori che ha contribuito all’inasprirsi dei rapporti tra Algeria e Marocco è stata la percezione di un progressivo isolamento algerino nelle alleanze regionali. A questo proposito la firma degli Accordi di Abramo da parte del Marocco, riguardanti la normalizzazione dei rapporti con Israele, è stata uno strumento utile per ottenere un più ampio sostegno riguardo la questione del Sahara Occidentale. Infatti, l’accordo ha avuto come risultato il riconoscimento della sovranità marocchina sul territorio da parte degli USA e ha portato un sempre maggior numero di Paesi arabi ad aprire consolati nel Sahara Occidentale: i primi sono stati gli Emirati Arabi Uniti, seguiti da Bahrain e Giordania, e alcuni media hanno sottolineato anche la possibilità dell’apertura di consolati egiziani e sauditi. Dunque, nonostante il Marocco abbia forti legami anche con il Qatar, questi recenti sviluppi sembrano indicare una progressiva convergenza di Rabat verso l’asse saudita-emiratina. Anche le recenti restrizioni marocchine verso i prodotti turchi sono state interpretate da alcuni come collegate al boicottaggio saudita, iniziato dopo l’omicidio di Khashoggi a Istanbul, e come una conseguenza delle preoccupazioni degli alleati marocchini (principalmente Francia, USA, UAE e Arabia Saudita) riguardo la condotta aggressiva turca nel Mediterraneo Orientale e in Libia.xiii

L’Algeria, invece, ha rapporti meno consolidati con i paesi del Golfo rispetto al vicino marocchino, e al contrario ha legami sempre più stretti con Turchia e Iran, due dei principali rivali regionali dell’alleanza saudita-emiratina. Riguardo i rapporti con la Turchia, quest’ultima ha investito circa 5 miliardi di dollari in Algeria e ci sono oltre 800 imprese turche nel paese. I due Stati hanno anche stipulato una partnership per la fornitura di gas naturale liquefatto fino al 2024 e hanno un volume di scambi commerciali che oscilla tra i 3,5 e 4,2 miliardi di dollari. Inoltre, come sottolinea Giuseppe Gagliano, l’intervista rilasciata da Tebboune a giugno, in cui il presidente algerino ha evidenziato come le relazioni con Ankara siano eccellenti e come gli investimenti turchi nel Paese siano slegati da qualsiasi vincolo politico, ha legittimato la proiezione di potenza turca in Africa, evidenziando possibili future convergenze in politica estera.xiv Per quel che riguarda, invece, i rapporti con Teheran, già nel 2007 l’Algeria supportò il diritto dell’Iran a sviluppare tecnologia nucleare e nel 2018 l’allora presidente iraniano Hassan Rouhani espresse la volontà di migliorare ed espandere la cooperazione tra i due Paesi: una linea che è stata confermata anche a maggio in una telefonata tra i rispettivi Ministri degli Esteri.xv Questa vicinanza si riflette anche nelle relazioni tra l’Iran e il Marocco, chiuse dal 2018 a seguito del sospetto supporto iraniano al Fronte Polisario. La decisione algerina di rompere i rapporti con il vicino, infatti, è stata accolta favorevolmente da Teheran e, secondo l’esperto di difesa nazionale israeliana Danny Citrinowicz, potrebbe anche essere un segnale di una futura rivalità tra l’Iran e il nuovo partner marocchino, Israele, nel continente africano. Ad esempio, può essere letta in questo senso, oltre che con l’appoggio all’istanza palestinese, la forte opposizione algerina riguardo il riconoscimento a Israele dello status di osservatore in seno all’Unione Africana.xvi Inoltre, anche la recente dichiarazione di Tebboune riguardo il coinvolgimento dell’ “entità sionista” negli incendi nella Cabilia, e quella del Ministro degli Esteri israeliano durante la sua visita in Marocco, in cui sono state espresse preoccupazioni riguardo il recente avvicinamento algerino a Teheran, mostrano come l’emergere di Israele e Iran nella regione costituisca effettivamente una questione molto “calda” in Algeria e Marocco. Il ruolo degli attori esterni nell’area, dunque, sembra essere un altro fattore che ha alimentato l’escalation di tensione tra i due vicini maghrebini, sommandosi alla competizione per l’influenza regionale e agli attriti sul Sahara Occidentale, descritti in precedenza.

Conseguenze della rottura

Nonostante le profonde cause che vi sono alla base, la decisione algerina di rompere i rapporti con il Marocco rischia, però, di avere importanti conseguenze sia sui due attori coinvolti sia su terze parti e sull’intero contesto regionale. Una delle ripercussioni più importanti riguarderà il settore energetico, perché due giorni dopo la chiusura delle relazioni algerino-marocchine, il Ministro dell’Energia algerino ha annunciato che l’Algeria fornirà gas alla Spagna senza passare per i territori marocchini. Sino ad ora erano stati utilizzati due gasdotti: il Maghreb–Europe Gas Pipeline (MEG), che dall’Algeria passa per il Marocco per poi finire in Spagna e in Portogallo, e il Medgaz, che, invece, attraverso il Mediterraneo arriva sulle coste spagnole bypassando il Marocco. L’Algeria ha deciso, quindi, di utilizzare soltanto il Medgaz, aumentando la sua capacità, attualmente di 8 miliardi di metri cubi, del 25%. La decisione avrà sicuramente un forte impatto sul Marocco, che è quasi totalmente dipendente dal gas algerino e ricava circa 600 milioni di metri cubi dal diritto di passaggio del MEG. Il regno wahabita si troverà, dunque, costretto a trovare velocemente alternative, soprattutto considerando che lo sviluppo industriale e la svolta green hanno aumentato ancora di più la sua necessità di gas (il ministro dell’energia marocchino ha annunciato recentemente che la domanda nazionale di gas raggiungerà i 3 miliardi di metri cubi l’anno entro il 2040). La chiusura del MEG, però, avrà ripercussioni anche sulla stessa Algeria sia perché, rendendo l’esportazione verso la Spagna dipendente soltanto da un gasdotto, sarà più esposta a incidenti tecnici e ridurrà la sua capacità di far fronte a un repentino aumento della domanda sia perché potrebbe avere ripercussioni legali, essendo il MEG soggetto a vari accordi internazionali. In più, secondo Gonzalo Escribano, direttore dell’ Energy and Climate Programme all’Istituto Reale Elcano, anche la Spagna – dove il 30% del suo fabbisogno di gas proviene dall’Algeria e dove negli ultimi mesi si è registrata una diminuzione del livello di stoccaggio di gas naturale liquefatto (GNL) – potrebbe essere fortemente colpita dalla decisione, perché una presunta riduzione dei quantitativi di gas forniti, a fronte di un possibile forte aumento della domanda, potrebbe rendere i prezzi di questa materia prima ancora più cari.xvii

Le conseguenze della tensione tra Algeria e Marocco, poi, si estendono anche al resto del Nord Africa e del continente. L’inasprimento dei rapporti rischia, infatti, per prima cosa di ostacolare la cooperazione tra i paesi del Maghreb, che già precedentemente è sempre stata difficile e sottosviluppata. Basti pensare che il commercio intraregionale costituisce solo il 4,8% dell’intero volume commerciale e il 2% del PIL combinato di tutta la regione. I principali partner commerciali sono, infatti, tutti extraregionali come l’UE, la Cina o gli USA. Secondo la Banca Mondiale, però, i cinque paesi membri dell’Unione del Maghreb Arabo (Libia, Tunisia, Marocco, Algeria e Mauritania) vedrebbero un aumento minimo del 5% nei loro rispettivi PIL nazionali in caso di stretta cooperazione. Dunque, considerando che, secondo lo stesso rapporto, la connettività tra i Paesi della regione avrebbe portato un aumento del PIL pro capite nazionale tra il 2005 e il 2015 del 34% per l’Algeria e del 27% per il Marocco, i recenti sviluppi nei rapporti algerino-marocchini costituiscono una prospettiva particolarmente negativa per entrambi.xviii Come sottolineato da Anna Jacobs, la mancata cooperazione tra i Paesi della regione rischia anche di ridurre la loro attrattività in termini di investimenti agli occhi degli attori esterni come UE, Cina, Russia e Golfo, che, invece, preferirebbero un contesto più stabile e integrato da utilizzare come “porta” verso l’Africa Subsahariana.xix In questo momento, infatti, il Nord Africa è caratterizzato da una crescente instabilità su vari scenari e la recente rottura tra Algeria e Marocco, oltre a costituire di per sé un fattore di questa instabilità, ostacolerà anche la risoluzione delle altre problematiche dell’area. Infatti, Marocco e Algeria, come visto, sono le principali potenze del Maghreb e i difficili rapporti tra loro non aiuteranno di certo a risolvere le principali cause di instabilità nella regione, come la recente situazione politica in Tunisia, dove il presidente Saied ha sospeso le attività del Parlamento, o il difficoltoso processo di pace in Libia.

NOTE AL TESTO

iFakir I. (2021), “What’s driving the escalating tensions between Algeria and Morocco?”, Middle East Institute, https://www.mei.edu/publications/whats-driving-escalating-tensions-between-algeria-and-morocco

iiLounnas D. & Messari N. (2018), Algeria-Morocco Relations and Their Impact on The Maghrebi Regional System, MENARA Working Papers, No. 20, p.7

iiiLovatt H. & Mundy J. (2021), Free to Choose: A New Plan for Peace in Western Sahara, European Council on Foreign Relations

ivCamoin C. (2021), “Algeria – Marocco: dietro le quinte del frozen conflict”, Africa Rivista, https://www.africarivista.it/algeria-marocco-dietro-le-quinte-del-frozen-conflict-con-analista-dello-iai/190145/

vBoukhars A. (2019), Reassessing the power of regional security providers: the case of Algeria and Morocco, Middle Eastern Studies, 55:2, pp. 242-260

viIbidem

viiDickman J. (2021), “Marocco: anche il Senegal apre un consolato nel Sahara Occidentale”, Sicurezza Internazionale, https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/04/07/marocco-anche-senegal-apre-un-consolato-nel-sahara-occidentale/

viiiMeddi A. & Matarese M. (2012), “Géopolitique: comment Alger a perdu l’Afrique”, El Watan, https://www.agenceecofin.com/index.php?option=com_k2&view=item&id=7395:g%C3%A9opolitique-comment-alger-a-perdu-l%E2%80%99afrique&Itemid=209&tmpl=component&print=1

ixCapelli C. (2019), “Algeria: le ragioni economiche del malcontento popolare”, ISPI, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/algeria-le-ragioni-economiche-del-malcontento-popolare-22443

xTanchum M. (2021), The Post-COVID-19 Trajectory for Algeria, Morocco and the Western Sahara, IAI Commentaries 2021, no.3

xiScotti M. (2021), “Covid19, il Marocco ha mostrato una notevole resilienza economica”, Economy, https://www.economymagazine.it/news/2021/04/14/news/covid19-il-marocco-ha-mostrato-una-notevole-resilienza-economica-50417/

xiiMoual K. (2021), “Elezioni in Marocco, Akhannouch: “La sconfitta degli islamisti è un appello al cambiamento“”, Repubblica, https://www.repubblica.it/esteri/2021/09/09/news/elezioni_marocco_akhannouch-317163651/

xiiiJacobs A. (2020), “Strategic Interests Spark Shift in Morocco’s Gulf Ties”, Arab Gulf State Institute in Washington, https://agsiw.org/strategic-interests-spark-shift-in-moroccos-gulf-ties/

xivGagliano G. (2021), “Come prosperano i rapporti tra Algeria e Turchia”, Startmag, https://www.startmag.it/mondo/come-prosperano-i-rapporti-tra-algeria-e-turchia/

xvN.A. (2021), “Iran to open fertility research center in Algeria”, Al-Monitor, https://www.al-monitor.com/originals/2021/05/iran-open-fertility-research-center-algeria

xviCitrinowicz D. (2021), “Africa emerges as next scene of confrontation between Israel, Iran”, Al-Monitor, https://www.al-monitor.com/originals/2021/09/africa-emerges-next-scene-confrontation-between-israel-iran

xviiZora Bouaziz F. (2021), “Tension between Morocco and Algeria takes its toll on gas”, Atalayar, https://atalayar.com/en/content/tension-between-morocco-and-algeria-takes-its-toll-gas

xviiiN.A. (2021), « UMA. 5 recommandations pour améliorer la performance commerciale », Challenge, https://www.challenge.ma/uma-5-recommandations-pour-ameliorer-la-performance-commerciale-196554/

xixJacobs A. (2021), “Another Morocco-Algeria Rupture Jeopardizes Gulf Outreach, Regional Connectivity”, Arab Gulf State Institute in Washington, https://agsiw.org/another-morocco-algeria-rupture-jeopardizes-gulf-outreach-regional-connectivity/

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