La grande strategia della Russia in Afro-Eurasia (e come potrebbe non funzionare)

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di Andrew Korybko
Traduzione di: Marco Ghisetti
Articolo originale: https://orientalreview.org/2018/05/07/russias-grand-strategy-in-afro-eurasia-and-what-could-go-wrong/

La grande strategia della Russia nel XXI secolo consiste nel diventare la suprema forza di “bilanciamento” nell’Afro-Eurasia grazie ad un’abile gestione diplomatica dei molteplici conflitti presenti nell’emisfero. La maggior difficoltà non sarà posta dalle guerre ibride degli Stati Uniti, ma dalla Russia stessa nel caso in cui i diplomatici e la comunità degli esperti russe non riusciranno a spiegare tale strategia alle masse.

La Russia sembra essere diventata uno degli argomenti preferiti di cui parlare, anche per coloro che nemmeno lontanamente nutrono alcun interesse verso politica internazionale; apparentemente, chiunque si è fatto un’opinione personale su quella che sarebbe la grande strategia russa. Coloro che sono inclini a credere ai maggiori mezzi d’informazione occidentali tendono a crede o che la Russia voglia conquistare manu militari il mondo o che sia solo una questione di poco tempo prima che la Russia, a causa di una cattiva gestione dei propri affari interni, collassi su se stessa. Inoltre, svariati seguaci dei mezzi d’informazione alternativi pensano erroneamente che la Russia si sia investita di una missione volta a salvare il mondo dall’unipolarismo a guida statunitense in tutte le sue varie manifestazioni e che Putin, gran maestro degli scacchi a cinque dimensioni, stia impeccabilmente riscuotendo un successo dopo l’altro. Tutte e tre queste posizioni non colgono la realtà fattuale della strategia generale russa, la quale può essere meglio riassunta come un tentativo di trasformarsi nella suprema forza “bilanciatrice” del XXI secolo nell’Afro-Eurasia grazie ad una abile gestione diplomatica dei conflitti nell’emisfero.

Dalla “svolta Ummah” all’“anello d’oro”

Questo ambizioso piano ha le sue origini nella fazione “progressista” dello “Stato profondo” russo (burocrazie militari, di intelligence e diplomatiche), il quale ha coraggiosamente deciso di gettare via le catene sovietiche del passato storico e di avviare un avvicinamento rivoluzionario con attori non tradizionali, tra i quali Turchia, Arabia Saudita, Azerbaijan e Pakistan, in ciò che può essere impropriamente definito “svolta Ummah”. Nel post-Guerra Fredda i pionieri di tale svolta in politica estera hanno “riempito il vuoto (geografico)”, che i loro predecessori avevano lasciato incustodito dopo aver “chiuso” l’Eurasia, avvicinandosi con la Germania a ovest e la Cina a est, per cui è più che ragionevole ritenere che per la Russia sia arrivata l’ora guardare a sud, verso i Paesi a maggioranza musulmana che territorialmente si estendono su quella parte del confine euroasiatico. Nel mentre la Russia si adoperava in questo senso, la Cina ha svelato la propria visione globale della Nuova Via della Seta, la quale fornisce una base infrastrutturale per interconnettere insieme i nodi geopolitici del continente e per costruire le basi strutturali per l’emergente Ordine Mondiale Multipolare.

In risposta alle sanzioni anti-russe dell’Unione Europea, che Bruxelles ha imposto su pressione statunitense, che la hanno estromessa fuori dall’Eurasia occidentale, Mosca ha “riequilibrato” la sua politica estera, che era fino ad allora guardava per la maggior parte l’Europa, e diversificato i propri sforzi diplomatici nella “svolta Ummah”, la quale ha portato alla creazione di due nuove cooperazioni trilaterali. La prima è incentrata sulla Siria e concerne Russia, Turchia e Iran; la seconda riguarda l’Afghanistan e coinvolge Russia, Pakistan e Cina. Il potenziale geostrategico di queste cinque grandi potenze multipolari che “serrano i ranghi” per proteggere il cuore del supercontinente euroasiatico è il cosiddetto “anello d’oro”, il quale rappresenta l’obiettivo finale di integrazione del XXI secolo e, inoltre, ha la potenzialità di simboleggiare l’unione istituzionale di molte delle più importanti potenze continentali dell’emisfero orientale. La realizzazione del Cerchio d’Oro è un obiettivo di altissimo valore strategico poiché permetterebbe ai relativi membri di commerciare l’uno con l’altro per il tramite dei passaggi terrestri della Nuova Via della Seta, circumnavigando in tal modo il problema che pone la il generale dominio che la marina statunitense gode lungo gli estremi del continente eurasiatico.

Problemi marginali

Tuttavia, la periferia marittima supercontinentale rimane ancora oggi molto importante a causa della dipendenza cinese nei confronti delle rotte marittime e del commercio con l’Africa: continente il cui futuro è intrecciato con quello della Repubblica Popolare poiché quest’ultima necessita che il continente africano si trasformi in un solido mercato sviluppato e robusto che possa acquistare il suplus manifatturieri cinesi. I maggiori concorrenti di Pechino nello spazio afro-pacifico sono Washington e la coalizione dei “Lead From Behind” del “Quad”, i quali hanno lanciato il cosiddetto “Corridoio di crescita Asia-Africa” nell’ottica di contrastare la Nuova Via della Seta. Peggiorando ulteriormente le cose, la Cina e le altre quattro grandi potenze del cerchio d’oro sono obbligate a prepararsi combattere i conflitti d’identità che sono fatti scoppiare da attori che sono extraregionali rispetto a quelli di transito della Via della Seta (guerre ibride) e, per quanto il cuore dell’Eurasia si in grado più o meno di elaborare soluzioni multilaterali a queste difficoltà attraverso la SCO o altre strutture ad esso collegate, l’Africa non dispone di simili istituzioni di sicurezza collettiva.

La Cina è quindi costretta a sviluppare le capacità militari degli Stati che fanno parte della Via della Seta in Africa e, in prospettiva, di riuscire a schierare delle portaerei lungo le coste per assisterli in caso di guerre ibride. Ma è proprio qui che la Russia potrebbe giocare il ruolo fondamentale di stabilizzare l’Africa. Mosca sta già attuando una politica che utilizza “mercenari” al fine di aiutare il governo della Repubblica Centrafricana, il quale è sì riconosciuto a livello internazionale ma rimane instabile a causa dei vari tentativi di destabilizzare il Paese devastato dalla guerra civile e percorso da una miriade di bande militari che occupano la maggior parte del territorio nazionale; l’eventuale successo di una tale strategia potrebbe valere come prova per convincere la Cina che Mosca è in grado di fornire la sicurezza necessaria a proteggere i progetti infrastrutturali ed economici della Nuova Via della Seta.

L’angolo africano

Come è stato spiegato nelle righe precedenti, il coinvolgimento della Russia nei processi di risoluzione dei conflitti africani potrebbe espandersi dalla sfera militare a quella diplomatica, rendendo Mosca un attore cardine per qualsiasi accordo politico, a condizione, naturalmente, che le aziende nazionali russe ottengano un accesso privilegiato al mercato e alle risorse della nazione in questione. Tale compromesso reciprocamente vantaggioso potrebbe interessare sia le élite africane che i cinesi, poiché nessuno dei due dispone della necessaria esperienza di combattimento e diplomatica che invece la Russia ha ottenuto nella campagna anti-terroristica in Siria e nel relativo processo di pace di Astana; tali esperienze sono necessarie per superare le sfide che la guerra ibrida impone. Fino a che la Russia si muoverà con prudenza e non si farà cogliere in nessun pantano, allora essa potrà sistemare le innumerevoli situazioni di instabilità che, si prevede, scoppieranno prossimamente in tutta l’Africa.

Alla dimensione militare di tale strategia di “bilanciamento” va unita la tradizionale dimensione diplomatica, in cui la Russia si sta già muovendo insieme all’India e al Giappone, i quali costituiscono dei rivali per la Cina. Il rafforzamento e il miglioramento delle relazioni bilaterali con ciascuna delle grandi potenze alleate degli Stati Uniti è vantaggiosa sia della Russia che per la Cina, poiché ciò consentirebbe a Mosca di esercitare un’influenza “moderatrice” su ciascuno di questi attori nel caso in cui agli Stati Uniti riesca di provocare una crisi con Pechino.

Inoltre, la Russia dovrebbe sondare la possibilità diventare un membro a peno titolo dell’AAGC al fine di avvantaggiarsi delle azioni di questi due Paesi in Africa, i quali sono economicamente molto più attivi della Russia, soprattutto se si considera che la Cina non sta aiutando la Russia ad ottenere l’accesso al mercato africano (ciò potrebbe però cambiare qualora Mosca diventasse un collaboratore strategico di Pechino in materia di sicurezza). Il “bilanciamento” tra i due “blocchi” economici sarebbe un grande vantaggio per la Russia, e potrebbe persino produrre benefici per le proprie sottosviluppate regioni estremo orientali ed artiche.

Revisione strategica

Guardando alla grande strategia russa, che è stata esposta nelle righe precedenti, il rifiuto europeo nei confronti della Russia dovuto alle pressioni statunitensi ha spinto Mosca a compiere una “svolta Ummah” al fine di stabilizzare il cuore euroasiatico tramite due collaborazioni trilaterali che sono tra loro interconnesse e che formano insieme la base della potenza del cerchio d’oro. Sfruttando la propria posizione centrale nell’Eurasia, la Russia punta a diventare lo Stato di transito insostituibile per la maggior parte delle iniziative di interconnessione continentale, nonché il neutrale “equilibratore” che risolve in modo costruttivo il caos generato della guerra ibrida che gli Stati Uniti hanno lanciato su tutta la massa terrestre, facendo vedere così, con questa strategia, sia i muscoli economici che quelli diplomatici. Fuori dal cuore euroasiatico, nella cerniera di confine le relazioni multi vettoriali della Russia con l’India e il Giappone possono essere abilmente utilizzate per ottenere l’accesso al mercato africano, cosa che completerebbe l’ufficiosa presenza militare dei “mercenari” e, quindi, permetterebbe alla Russia di avere la possibilità di “bilanciare” gli eventi che si registrano anche in quel continente.

Senza narrativa, nessuna possibilità

A prescindere dalla felicità di tale approccio, esso presenta innumerevoli rischi, in particolar modo per quanto concerne le guerre ibride promosse dagli Stati Uniti nel cuore della terra euroasiatico così come per le loro “divide et impera” guerre d’informazione, che sono progettate per rompere il cerchio d’oro. Tuttavia, esse possono essere gestite a livello inter-statale tramite un coordinamento multilaterale e fiducia. Più difficili da gestire, tuttavia, sono le conseguenze delle carenze di influenza politico-culturale che le permetterebbero di “spiegare” correttamente al grande pubblico la strategia di “bilanciamento” che ha segue, generando così malcontento e confusione, i quali a loro volta costituiscono un ambiente fertile alle subdole operazioni delle organizzazioni non governative statunitense, le quali si impegnano a seminare discordia tra le società e le classi dirigenti. Certamente la Russia comunica la propria intenzione di “bilanciare” a ciascuna delle proprie controparti, proprio come ha fatto anche in passato, ma la Federazione Russa non è stata in grado di eguagliare l’Unione Sovietica per quanto concerne il far recepire il proprio messaggio alle persone comuni di ciascuno dei suoi Paesi partner.

Il caso armeno costituisce un esempio perfetto di ciò che effettivamente è andato storto nella strategia di influenza politico-culturale e merita perciò di essere analizzato attentamente. La “diplomazia militare” russa volta a preservare l’equilibrio di potere regionale vendendo armi sia all’Armenia che al nemico armeno dell’Azerbaijan è una strategia buona in ambito geopolitico ma rischiosa per quanto riguarda l’immagine internazionale che la Russia ha agli occhi di ciascuno dei propri partner. Agli azerbaigiani la cosa potrà anche non avere alcuna importanza, dato che la Russia era già considerata amica del loro nemico, ma gli armeni sono rimasti comprensibilmente sconvolti quando hanno saputo che il loro alleato e compagno nell’istituzione di difesa collettiva del CSTO stava vendendo armi anche al nemico. Per quanto la maggioranza della popolazione non avrebbe comunque “capito” il punto di vista russo, Mosca avrebbe per lo meno potuto investire qualche risorsa e compiere qualche sforzo per cercare di spiegare le proprie necessità strategiche. Ma non lo ha fatto. E la cosa ha a sua volta alimentato il movimento di “protesta” di Pashinyan contro le autorità armene.

Ciò non riguarda soltanto l’Armenia. Le azioni di “bilanciamento” russe fanno sentire a disagio anche molti dei tradizionali alleati russi. L’opinione pubblica serba, siriana, iraniana e indiana preferirebbe che la Russia non cooperasse così strettamente con Croazia, Turchia, Arabia Saudita e Pakistan, ma siccome lo fa, il “minimo” che Mosca potrebbe fare, stando a molti di loro, è spiegare la ragione per cui lo fa, per quanto alla fine molto probabilmente non sarebbero comunque d’accordo. Sfortunatamente, la Russia non lo sta facendo; la conseguenza del mancato utilizzo delle proprie capacità di influenza politico-culturale consiste nel fatto che la Russia sta perdendo la fiducia di questi Stati. Invece che apparire come un abile giocatore nella “scacchiera delle grandi potenze” in grado di “bilanciare” e quindi di contrastare gli effetti destabilizzanti della politica estera statunitense, la Russia appare come un attore che nutre troppi interessi, se non quando addirittura inaffidabile e, alla fine dei conti, come un attore non tanto diverso dagli Stati Uniti.

Rischi globali

Gli strateghi e i politici russi stanno effettivamente aderendo ad un paradigma neorealista delle relazioni internazionali, ma il grande interesse del loro Paese circa il promuovere un ambiente stabile nell’Afro-Eurasia e, conseguentemente, di garantire alla Nuova Via della Seta di gettare le basi dell’emergente ordine mondiale multipolare si sovrappone completamente all’interesse dei suoi partner – per quanto ognuno di loro deve impegnarsi a concedere qualche compromesso, magari mediato da Mosca, al fine di costruire un futuro migliore per tutti. Questa “scomoda” realtà potrebbe non piacere a tutti i loro cittadini, ma è comunque ciò che deve essere fatto affinché il modello russo abbia successo

Se il corretto “precondizionamento” e la corretta “gestione della percezione” fossero statii generati prima che ciò accadesse, allora le possibilità per gli Stati Uniti o altri attori ostili di sfruttare tale sentimento per fomentare disordini, proprio come fecero in Armenia in seguito ai ripetuti accordi sulla vendita di armi che la Russia aveva stipulato con l’Azerbaigian, sarebbero state inferiori poiché ci sarebbe stata per lo meno anche una narrazione “costruttiva”, la quale avrebbe contrastato quella “distruttiva” dai nemici di Mosca. Purtroppo, dato che la Russia preferisce trattare per lo più con gli “Stati profondi” dei propri partner quando si tratta di particolari questioni e, inoltre, dato che tende a “trascurare” l’opinione pubblica degli altri Paesi, gli Stati Uniti sfruttano la debolezza dell’immagine russa nei Paesi afro-euroasiatici dato che gli Stati Uniti sono in gradi di conquistare “i cuori e le menti” delle persone, per quanto lo facciano per il tramite di mezzi indiretti (organizzazioni non governative). I partner della Russia, soprattutto quelli con regimi nominalmente “democratici”, rischiano di finire sotto “ricatto” da parte delle folle demagogiche.

Pensieri conclusivi

Non è possibile sottovalutare quanto sia importante che la grande visione strategica della Russia di “bilanciare” gli affari afro-euroasiatici venga sottolineata a chiare lettere dai diplomatici russi e dalla comunità degli esperti al fine di evitare che gli Stati Uniti muovano la “pressione pubblica” dei partner russi contro la Russia stessa. Questioni delicate tra cui il fatto che armi siano vendute sia all’Armenia che all’Azerbaigian o la cooperazione con la Turchia nel nord della Siria debbono essere discusse anche a livello locale e non solo con gli “Stati profondi” di ciascun partner tradizionale di modo da mantenere la fiducia del pubblico nelle misure internazionali di Mosca e fare un minimo sforzo per cercare di spiegare queste politiche al grande pubblico. La mancanza di una narrativa russa causa un vuoto informatico che viene prontamente riempito dagli Stati Uniti e dai loro alleati unipolari, cosa che nei fatti mette in pericolo la sostenibilità a lungo termine degli sforzi di “bilanciamento” russi; ciò è dovuto al fatto che i partner russi rischiano di cedere ad una “pressione pubblica” manipolata dall’esterno (Rivoluzioni Colorate).

Per quanto ambiziosa la cosa possa sembrare, è certamente possibile che la Russia riesca a portare a compimento la sua strategia volta a metter rimedio ai danni che gli Stati Uniti causano in tutto l’emisfero (ed in particolar modo nelle regioni extraeuropee), ma ciò avverrà solo nel caso in cui la Russia darà la stessa importanza sia agli “Stati profondi” che nella opinione pubblica dei propri partner. Nessuno, e la gente comune meno ancora, dovrebbe nutrire fuorvianti impressioni circa le motivazione che spingono la Russia ad agire in un certo modo quando essa salvaguarda i propri interessi, interessi che consistono nel costruire il mondo multipolare e che nei fatti combaciano con quelli dei suoi partner. Tuttavia, qualora il pubblico generale nutrisse fuorvianti impressioni circa i veri obiettivi di Mosca, ebbene su tali impressioni gli Stati Uniti giocherebbero al fine di prevenire la nascita del mondo multipolare. Allo stesso modo, non offrire nessuna ragione per la quale la Russia persegue questo progetto potrebbe causare risultati altrettanto nocivi.

Pertanto, la Russia deve dare priorità al proprio potere di influenza politica e culturale e deve altresì, e urgentemente, tentare, tramite la propria comunità di esperti e corpo diplomatico, di comunicare e mettere in chiaro le proprie intenzioni circa di giovare un ruolo da “bilanciatore” non solo verso gli “Stati profondi”, ma anche verso il grande pubblico. La gente comune deve essere a conoscenza della visione globale che la Russia propone di modo da non essere manipolata dagli Stati Uniti, i quali sfruttano l’eventuale vuoto narrativo e/o le false speranze dei vari popoli a proprio esclusivo vantaggio, per quanto naturalmente va comunque tenuto in conto che è impossibile che tutti siano d’accordo con l’azione bilanciatrice di Mosca, e a prescindere dalle intenzioni russe. Ciò non costituisce un problema, poiché l’importante è far conoscere la narrativa russa. Il primo passo da compiere è perciò di rendere consapevole il grande pubblico di quello che la Russia vuole fare, di modo che l’attuazione pratica dell’opera di bilanciamento possa essere implementata a tutti i livelli nelle società afro-eurasiatiche.

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