di Ismail Katib
Il Corridoio di David rappresenta una delle iniziative strategiche più rilevanti e controverse nel contesto geopolitico contemporaneo del Medio Oriente. Questo progetto israeliano si configura come una direttrice di controllo che si estende dalle alture del Golan attraverso la Siria nord-orientale fino al Kurdistan iracheno e mira a ridefinire radicalmente l’equilibrio di potere regionale.
La sua importanza non risiede soltanto nella rilevanza militare, ma soprattutto nel fatto che incarna una strategia complessa di influenza territoriale, di isolamento degli avversari strategici, in primis l’Iran, e di manipolazione delle dinamiche interne siriane e irachene.[1]
Questo articolo si propone di analizzare in dettaglio le origini storiche del Corridoio di David, le sue dimensioni geopolitiche con particolare attenzione agli attori coinvolti e alle dinamiche di conflitto, nonché le sue implicazioni per la frammentazione siriana e la stabilità regionale.
Il corridoio s’inserisce nel più ampio progetto della “Grande Israele”, ossia il piano geopolitico di estensione dell’influenza israeliana su un’area vasta che storicamente abbraccerebbe territori dal Nilo all’Eufrate.
Nel corso dei decenni, questa visione ha assunto forme diverse, configurandosi non tanto come un progetto politico-ideologico basato sull’annessione territoriale diretta, quanto piuttosto sul controllo funzionale di spazi geopolitici chiave del Levante e della Mezzaluna Fertile. L’obiettivo implicito è garantire ad Israele una profondità strategica attraverso la continua frammentazione dei paesi confinanti, l’erosione delle loro sovranità e la creazione di corridoi di influenza funzionali all’egemonia sulla sicurezza, le fonti energetiche e la mobilità militare.[2]
Nel quadro più recente, questa strategia si è concretizzata in tre corridoi principali, Netzarim, Philadelphia (v. Figura 1) e David, che rappresentano gli assi fondamentali della “geopolitica dei corridoi” israeliana.
Il Corridoio di Netzarim, che separa la Striscia di Gaza dividendo il nord e il sud, è stato concepito per separare il territorio in due, isolando le aree densamente popolate e limitando la mobilità civile e militare palestinese. Tale infrastruttura, costruita dopo l’offensiva del 2024, serve a ridisegnare la geografia umana di Gaza, imponendo una divisione permanente tra popolazione e risorse.[3]
Il Corridoio di Philadelphia, situato lungo il confine meridionale di Gaza con l’Egitto, rappresenta invece un dispositivo di blocco strategico. Con il controllo del valico di Rafah, Israele ha rafforzato il proprio dominio sulla frontiera terrestre di Gaza, aggravando la crisi umanitaria e mettendo a rischio lo stesso trattato di pace israelo-egiziano di Camp David del 1979.[4]

Figura 1Il corridoio di Netzarim e Philadelphia. (Credits: Reuters Graphics / Reuters).
Infine, il Corridoio di David (v. Figura 2), al centro del presente studio, si inserisce in una prospettiva regionale di portata molto più ampia. Pur presentato ufficialmente come una misura di sicurezza, questo corridoio risponde in realtà a una logica di ingegneria geopolitica volta a connettere Israele con il Levante e l’Iraq, passando attraverso aree etnicamente frammentate e caratterizzate da forte instabilità militare. Secondo l’International Peace Studies Centre, il progetto rappresenta il fulcro della nuova strategia israeliana di proiezione di potenza in Asia occidentale, funzionale sia al contenimento dell’asse della resistenza iraniano, sia all’integrazione con i corridoi economici multilaterali emergenti, come l’IMEC (India–Middle East–Europe Corridor).[5]
Dunque, tale programma, radicato in una combinazione di elementi ideologici, religiosi e di sicurezza nazionale, ha trovato negli ultimi anni un’opportunità sistematica nella guerra civile siriana, che ha frammentato il paese e indebolito il governo centrale, creando le condizioni favorevoli per un’espansione territoriale indiretta israeliana.[6] La frammentazione siriana, infatti, rappresenta un elemento chiave per comprendere la funzionalità politica e strategica del Corridoio di David. Quest’ultimo attraversa territori abitati da diverse minoranze etniche e religiose, e crea una serie di alleanze e conflitti interni che Israele utilizza per esercitare la propria influenza, deprivando al contempo poteri ostili della loro capacità operativa.[7]
Il progetto è, inoltre, rappresentativo delle nuove modalità di gestione del potere nel XXI secolo, dove le strategie negoziali, militari e politiche si intrecciano con la gestione dei territori contesi e la manipolazione di gruppi non statali.
La strategia israeliana di costruzione del cosiddetto Corridoio di David si colloca in una logica di lungo periodo che affonda le sue radici nella dottrina delle “alleanze periferiche”, elaborata da Israele sin dagli anni Sessanta. Tale strategia prevedeva la costruzione di relazioni preferenziali con minoranze etniche e religiose, come curdi, drusi e cristiani, allo scopo di bilanciare l’ostilità dei governi arabi circostanti, in particolare quelli nazionalisti o a maggioranza sciita.[8] La proiezione israeliana verso queste aree, oggi, assume una dimensione più ampia, inserendosi in un disegno di sicurezza regionale che non mira solo al contenimento di minacce immediate, ma anche al consolidamento di un’influenza politica, economica e infrastrutturale capace di ridefinire le linee di interconnessione del Levante.
Israele, in questo quadro, non agisce in modo isolato. La cooperazione con gli Stati Uniti e con altre potenze occidentali rimane un elemento strutturale del progetto, soprattutto nel contenimento dell’Iran e delle milizie a esso affiliate in Siria, Iraq e Libano.[9] In tale contesto, il Corridoio di David funzionerebbe come un dispositivo multilivello, un’infrastruttura geopolitica, ma anche un meccanismo di proiezione militare e di intelligence. Le forze locali curde o druse, a seconda delle aree, garantiscono la gestione del territorio e il controllo delle vie di comunicazione, mentre Israele fornisce supporto tecnologico, addestramento e copertura politica.[10] Ciò consente a Tel Aviv di mantenere un equilibrio dinamico, alimentando una “instabilità controllata” che favorisce la tutela dei propri interessi strategici.
Dopo oltre un decennio di guerra civile, la Siria rappresenta oggi un mosaico di autorità concorrenti. Questo scenario di frammentazione favorisce l’inserimento di attori esterni, tra cui Israele, che sfruttano le divisioni interne per consolidare zone di influenza indirette. Il Corridoio di David si svilupperebbe, così, lungo una fascia di territori “porosi” e instabili, in cui il controllo formale è meno importante della capacità di esercitare influenza e di gestire il flusso di risorse, armi e informazioni.
Sebbene le fonti israeliane tendano a negare l’esistenza di un piano di espansione territoriale, diversi analisti regionali interpretano il progetto come parte di un disegno di “sicurezza estesa” volto a creare una cintura di influenza dal Golan fino all’Iraq occidentale.[11] La logica è quella di una presenza capillare – basata su reti di alleanze locali, infrastrutture logistiche e corridoi energetici – tale da rendere Israele un attore imprescindibile per la stabilità o l’instabilità del Levante. Questo approccio non si limita alla dimensione militare, ma implica anche un controllo delle risorse naturali, soprattutto acqua e idrocarburi, che costituiscono la linfa vitale delle economie regionali.
Le Alture del Golan rappresentano, in tal senso, un nodo strategico di primaria importanza. Oltre al loro valore militare, queste alture forniscono una quota rilevante delle risorse idriche utilizzate da Israele, le quali alimentano il lago di Tiberiade e il fiume Giordano.[12] Il controllo dell’area consente, dunque, di assicurare riserve d’acqua fondamentali e di esercitare una pressione costante sui vicini siriani, per i quali l’accesso alle risorse idriche è già una questione di sicurezza nazionale. Inoltre, la stabilizzazione del controllo israeliano sul Golan, sancita unilateralmente dal riconoscimento statunitense del 2019, offre a Tel Aviv una piattaforma strategica per operazioni di intelligence e per il monitoraggio delle attività iraniane e di Hezbollah in Siria.
Ma la questione delle risorse non si limita all’acqua. L’estensione del Corridoio di David verso l’est siriano e l’Iraq occidentale implica anche il controllo di rotte petrolifere e di transito energetico. Le infrastrutture che attraversano queste aree, tra cui oleodotti, gasdotti e vie di trasporto, costituiscono l’ossatura economica del Medio Oriente e rappresentano un fattore decisivo nella proiezione di potenza. Israele, intervenendo indirettamente attraverso alleanze e operazioni mirate, punta a garantirsi un ruolo nella gestione di questi flussi, sottraendo spazio d’azione all’Iran e ai suoi alleati. Secondo diverse analisi, questa strategia permette a Tel Aviv di condizionare le politiche energetiche regionali e di consolidare la propria posizione come potenza connessa sia al Mediterraneo orientale sia al corridoio terrestre mediorientale.
Un altro attore cruciale in questa partita è la Turchia. Ankara vede con preoccupazione qualsiasi rafforzamento delle autonomie curde nel nord della Siria e dell’Iraq. Per questo motivo, la politica turca oscilla tra interventi militari diretti, come le operazioni “Scudo dell’Eufrate” e “Ramo d’Olivo” e tentativi di negoziazione con Mosca e Washington per ottenere una zona cuscinetto lungo il confine meridionale. Israele, dal canto suo, sfrutta le tensioni tra Ankara e i curdi per mantenere aperti canali di cooperazione con le forze curde siriane, garantendosi così una presenza indiretta in aree difficilmente accessibili. Tuttavia, le relazioni tra Israele e Turchia restano ambivalenti: da un lato persistono rivalità strategiche, dall’altro i due Paesi condividono interessi economici e di sicurezza, come dimostrano le recenti intese sulla cooperazione energetica nel Mediterraneo orientale.

Figura 2. Una mappa del proposto Corridoio di David. (Credits: Facebook Account Aleksey Kush)
L’Iran costituisce, invece, il principale antagonista del progetto. Teheran interpreta il Corridoio di David come una minaccia diretta alla sua proiezione regionale e al mantenimento del cosiddetto “asse della resistenza”. Esso costituisce l’architettura strategica attraverso cui l’Iran ha costruito la propria proiezione di potenza regionale dal Golfo Persico al Mediterraneo. Nato dopo la guerra Iran-Iraq e consolidatosi con il conflitto siriano, questo asse comprende una rete di attori statali e non statali tra i quali, le forze armate dell’ex governo siriano di Bashar al-Assad, Hezbollah in Libano, le milizie sciite irachene (tra cui Kata’ib Hezbollah e Asaib Ahl al-Haq) e, in misura crescente, i gruppi yemeniti Houthi (Ansar Allah). Tale rete, coordinata dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), serve a garantire all’Iran un corridoio terrestre strategico che unisce Teheran a Beirut, permettendo il trasferimento di armi, personale e tecnologie militari verso il Mediterraneo.[13] Questo corridoio rappresenta una minaccia diretta alla dottrina di sicurezza israeliana, poiché consente all’Iran di proiettare capacità militari nelle immediate vicinanze del confine nord di Israele. Per questo motivo, la strategia israeliana del Corridoio di David mira a interrompere la continuità territoriale dell’asse iraniano, tagliando i collegamenti tra Siria orientale, Iraq e Libano. Attraverso raid mirati, cooperazione con le forze curde e controllo delle aree del Golan, Israele tenta di frammentare la catena logistica dell’IRGC e di ridurre la capacità di Hezbollah di ricevere rifornimenti strategici.[14]
Israele, consapevole di questa vulnerabilità, ha intensificato negli ultimi anni una campagna di bombardamenti mirati su obiettivi iraniani in Siria, colpendo magazzini, depositi di munizioni e convogli sospettati di trasportare missili verso il Libano. Secondo fonti di Euronews, il governo israeliano ha giustificato tali operazioni come “necessarie alla sicurezza nazionale”, ma il loro impatto strategico ha avuto anche la funzione di interrompere i collegamenti terrestri iraniani, riducendo la capacità di Teheran di proiettare influenza nella regione.[15]
Questo confronto indiretto tra Israele e Iran rende la Siria un teatro di guerra per procura, dove le potenze regionali testano i propri limiti e capacità. Gli accordi di sicurezza negoziati nel 2025 tra Damasco e Tel Aviv, con la mediazione russa, avrebbero previsto la smilitarizzazione parziale del sud di Damasco, ma la loro applicazione resta incerta e dipendente dalle evoluzioni del conflitto interno siriano.[16] In questo contesto, l’equilibrio delle alleanze è fragile e continuamente rimodulato in base ai mutamenti sul terreno e alle necessità tattiche dei singoli attori.
L’impatto di questa dinamica geopolitica sulla popolazione civile è devastante. Le zone attraversate dal presunto corridoio israeliano coincidono con aree che hanno già subito pesanti distruzioni e spopolamento a causa della guerra. Gli spostamenti di popolazione, la frammentazione delle autorità locali e la creazione di zone di controllo militarizzato hanno prodotto un quadro di marginalizzazione e precarietà diffusa. Le minoranze che collaborano con Israele, come i drusi del Golan o alcuni gruppi curdi, vivono in una condizione di costante vulnerabilità, esposte a ritorsioni e a tensioni interne.[17] Gli osservatori internazionali sottolineano come la mancanza di una governance stabile impedisca la ricostruzione, l’accesso ai servizi essenziali e la riabilitazione economica, lasciando spazio a economie di guerra e a traffici illegali che perpetuano l’instabilità.
Oltre alle implicazioni materiali, il Corridoio di David possiede una forte dimensione simbolica. Nella retorica di alcuni ambienti politici israeliani, il nome stesso richiama la tradizione biblica e il mito di una missione storica di difesa e redenzione nazionale. Questa narrazione funge da strumento di legittimazione interna, rafforzando il consenso attorno alla leadership israeliana e presentando il progetto come una continuazione naturale del sionismo in chiave contemporanea. Tuttavia, sul piano internazionale, tale discorso alimenta le accuse di espansionismo e di neocolonialismo, in particolare da parte dei Paesi arabi che interpretano l’iniziativa come una violazione della sovranità siriana e un tentativo di ridefinire unilateralmente i confini regionali.
Dal punto di vista geopolitico, la prospettiva di lungo periodo resta incerta. La sopravvivenza del Corridoio di David come progetto politico-diplomatico dipende da una serie di variabili: la stabilità interna della Siria, l’evoluzione delle relazioni israelo-turche, la capacità dell’Iran di mantenere la propria rete di influenza, e il ruolo delle potenze globali, in primis Stati Uniti e Russia, nel gestire gli equilibri regionali. Una possibile traiettoria potrebbe essere quella di una stabilizzazione parziale, con la creazione di un equilibrio di forze in cui Israele mantiene il controllo informale di alcune zone strategiche mentre gli attori locali ottengono un riconoscimento de facto della loro autonomia. Un’altra ipotesi, più instabile, è quella di una progressiva escalation tra Israele e Iran, che trasformerebbe il corridoio in un fronte aperto di conflitto regionale.
L’eventuale istituzionalizzazione del Corridoio di David avrebbe profonde implicazioni anche per la sicurezza europea e mediterranea. In un contesto globale segnato dalla crescente interconnessione tra teatri di crisi, la stabilità del Levante influisce direttamente sulla gestione dei flussi migratori, sulla sicurezza energetica e sulla lotta al terrorismo. Alcuni osservatori occidentali, pur criticando la durezza delle operazioni israeliane, riconoscono che il progetto risponde a una logica di deterrenza preventiva, volta a impedire la creazione di un continuum territoriale iraniano. Tuttavia, il rischio di un’ulteriore destabilizzazione regionale resta alto, soprattutto se le operazioni militari continueranno a colpire infrastrutture civili e reti logistiche essenziali.
Sul piano simbolico, infine, il Corridoio di David incarna la tensione tra due concezioni opposte della sicurezza, quella israeliana, fondata sulla proiezione esterna e sul controllo delle linee strategiche, e quella dei Paesi arabi e Iran, basata sulla difesa della sovranità e sulla resistenza all’influenza occidentale. Questa dialettica, già presente durante la Guerra Fredda, riaffiora oggi in un contesto multipolare, in cui Russia, Cina e Stati Uniti competono per definire le regole del nuovo ordine mediorientale. Israele si trova così a operare su più livelli, cercando di mantenere la propria autonomia strategica pur restando parte integrante dell’alleanza occidentale. La sfida per il futuro sarà quella di conciliare queste due esigenze senza precipitare in un conflitto aperto che potrebbe travolgere l’intera regione.
L’analisi del Corridoio di David mostra come Israele, nel perseguire la propria sicurezza nazionale, stia ridefinendo in modo profondo le geografie politiche e strategiche del Medio Oriente. La sua proiezione verso il nord della Siria, l’Iraq occidentale e le aree di confine con il Libano e la Giordania riflette non soltanto un tentativo di controllo territoriale, ma una trasformazione strutturale del paradigma di sicurezza israeliano. In un contesto regionale segnato da conflitti congelati, economie in crisi e fragilità statuali, la creazione di un corridoio di influenza rappresenta una strategia di deterrenza preventiva, volta a spostare le linee di difesa e a frammentare ulteriormente gli spazi di potere avversi.
Questo progetto, reale o percepito, si inserisce in una competizione multilivello che coinvolge potenze regionali e globali. La Siria costituisce il principale teatro di questa rivalità: la presenza iraniana, la proiezione turca e l’intervento russo si sovrappongono a una molteplicità di attori locali, creando un equilibrio instabile e in costante mutamento.[18] Israele ha scelto di muoversi in questo contesto attraverso la logica dell’azione indiretta, sostenendo forze locali e operando con una strategia che combina tecnologia, intelligence e diplomazia segreta. L’obiettivo è impedire la ricostituzione di un blocco territoriale ostile lungo il proprio confine settentrionale e orientale, mentre si preserva la libertà d’azione militare in Siria e in Iraq.[19]
L’Iran, percepito da Israele come la minaccia esistenziale per eccellenza, rimane il principale destinatario delle misure contenitive connesse al corridoio. Attraverso il sostegno a milizie sciite e alla rete di Hezbollah, Teheran ha costruito negli ultimi due decenni un sistema di deterrenza multilivello che si estende dal Golfo Persico al Mediterraneo. Israele, intervenendo su nodi logistici e vie di rifornimento di questo sistema, punta a disarticolare l’“asse della resistenza” e a ridurre la capacità iraniana di proiettare potenza verso il Levante. Tuttavia, questa strategia comporta un rischio crescente di escalation.
Nel frattempo, la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan continua a perseguire una politica ambivalente. Da un lato, Ankara considera le autonomie curde come una minaccia diretta alla propria integrità territoriale; dall’altro, mantiene aperti canali diplomatici con Israele e con i Paesi del Golfo, nella speranza di ottenere vantaggi economici e energetici. La sua azione sul terreno, attraverso operazioni militari mirate nel nord della Siria e in Iraq, tende a comprimere lo spazio politico curdo, ma al tempo stesso crea nuove linee di frizione con Washington e Tel Aviv.
La Siria, frammentata e impoverita, resta il terreno dove queste tensioni si manifestano più chiaramente. La progressiva erosione della sovranità di Damasco, la presenza simultanea di truppe russe, iraniane, americane e turche, e la molteplicità di milizie locali rendono il Paese un mosaico di interessi in conflitto. In questo scenario, Israele ha trovato un margine d’intervento in cui i raid mirati contro depositi di armi iraniani, la pressione sulle aree curde e l’influenza indiretta nelle regioni orientali hanno consentito a Tel Aviv di trasformare la crisi siriana in un’opportunità strategica. Tuttavia, ciò avviene a costo di una crescente militarizzazione delle relazioni regionali, in cui la logica della sicurezza prevale su quella della cooperazione.
Le conseguenze umanitarie e sociali di queste dinamiche sono gravi e durature. Le popolazioni locali subiscono le conseguenze di guerre per procura che sfuggono a ogni controllo, mentre le infrastrutture civili vengono ripetutamente colpite o strumentalizzate a fini militari. In assenza di un processo politico inclusivo, la ricostruzione della Siria e dell’Iraq rimane subordinata alle logiche di potenza, e la marginalizzazione economica alimenta cicli di radicalizzazione difficili da interrompere.
Da un punto di vista politico, il Corridoio di David incarna anche una dimensione ideologica e narrativa. Il suo richiamo simbolico alla storia biblica di Davide e alla missione difensiva del popolo israelita contribuisce a legittimare l’azione di Israele sia all’interno sia all’esterno dei propri confini. Ma questa narrazione, centrata sulla necessità di sicurezza e sulla superiorità morale del progetto nazionale, rischia di accentuare la polarizzazione. Per molti Paesi arabi, il corridoio è percepito come una manifestazione dell’espansionismo israeliano e una violazione della sovranità siriana. Tale percezione non solo compromette i fragili tentativi di normalizzazione diplomatica avviati negli ultimi anni, ma alimenta sentimenti anti-israeliani e anti-occidentali nella regione, offrendo terreno fertile per la propaganda di Teheran e delle milizie ad essa collegate.
Il futuro di questa strategia dipenderà in gran parte dalle scelte delle potenze esterne. Gli Stati Uniti, dopo il ridimensionamento del loro impegno diretto in Siria, sembrano preferire una politica di contenimento a distanza, sostenendo Israele ma evitando un coinvolgimento diretto nelle operazioni sul terreno. In mezzo a questi equilibri, il corridoio si configura come un elemento di pressione costante, uno strumento attraverso cui Israele può negoziare la propria sicurezza in un quadro multipolare.
L’assenza di un accordo regionale complessivo fa sì che il Medio Oriente resti un sistema di sicurezza negativo, dove la stabilità di un attore coincide con l’instabilità di un altro. Il Corridoio di David non sfugge a questa logica. La sua implementazione, anche parziale, tende a consolidare la frammentazione territoriale e politica della Siria e a mantenere elevata la tensione con l’Iran. Se, da un lato, questo garantisce a Israele una profondità strategica maggiore, dall’altro prolunga lo stato di conflitto latente che impedisce lo sviluppo economico e la normalizzazione politica dell’area. La sicurezza israeliana, dunque, rischia di fondarsi su una regione permanentemente instabile.
In prospettiva, il successo o il fallimento del Corridoio di David dipenderanno dalla capacità di Israele e dei suoi alleati di tradurre una strategia militare in un progetto politico sostenibile. Se Tel Aviv riuscirà a integrare la dimensione di sicurezza con un approccio di cooperazione il corridoio potrebbe evolvere in una rete di interdipendenze funzionali alla stabilità. In caso contrario, resterà un dispositivo di controllo privo di legittimità internazionale, destinato a generare nuove linee di conflitto.
In definitiva, il Corridoio di David rappresenta un caso emblematico della transizione in corso nel sistema mediorientale dove Israele cerca di garantire la propria sicurezza non più attraverso confini fissi, ma mediante corridoi mobili di influenza e deterrenza. Tuttavia, finché tali connessioni si fonderanno sulla forza piuttosto che sul consenso, esse continueranno a riprodurre la logica della guerra permanente che, da oltre mezzo secolo, definisce il destino politico del Medio Oriente.
Bibliografia
- Ali, Qaisar, Shahid Jan Afridi e Zahoor Rahman. The David Corridor: A Geopolitical Game Behind the Greater Israel and Its Impact on Gaza. Mardan e Mosca: Peoples’ Friendship University of Russia e Abdul Wali Khan University, 2025. PDF.
- Anadolu Agency. Israel pursues political, military goals by building divisive corridors in Gaza. https://www.aa.com.tr/en/middle-east/israel-pursues-political-military-goals-by-building-divisive-corridors-in-gaza/3332743/, 2025.
- Euronews Italia. Siria e Israele negoziano accordo di sicurezza. https://it.euronews.com/2025/09/17/siria-e-israele-negoziano-accordo-di-sicurezza-e-la-smilitarizzazione-del-sud-di-damasco, 2025.
- International Institute for Strategic Studies. Iran’s Networks of Influence in the Middle East.https://www.iiss.org/globalassets/media-library—content—migration/files/publications—free-files/strategic-dossier/iran-dossier/irans-networks-of-influence-in-the-middle-east.pdf.
- International Peace Studies Centre. The Geopolitics of Corridors: Israel’s New Strategy for Engineering Power in West Asia. https://peace-ipsc.org/2025/08/04/the-geopolitics-of-corridors-israels-new-strategy-for-engineering-power-in-west-asia/, 2025.
- Leggeri, Leandro. “Siria: il corridoio di Davide.” Osservatorio sulla legalità e sui diritti, 2024. http://www.osservatoriosullalegalita.org/25/acom/04/07lelegaza.htm.
- Pars Today. “Dietro le quinte degli attacchi israeliani in Siria: il piano del ‘Corridoio di Davide’.” https://parstoday.ir/it/news/west_asia-i361012, 2025.
- Pars Today. Dietro le quinte degli attacchi israeliani in Siria; il piano diabolico del Corridoio di Davide per dominare le risorse energetiche dell’Asia occidentale, 2025.
- SpecialEurasia. Israeli David’s Corridor Implications in West Asia. https://www.specialeurasia.com/2025/08/25/israel-davids-corridor/, 2025.
- The Guardian. What is the Philadelphi corridor, and why is it so important to Israel? https://www.theguardian.com/world/article/2024/sep/03/what-is-the-philadelphi-corridor-israel-gaza-egypt-netanyahu/, 2025.
- The Third Way. “Divine Dominion: Israel’s Expansive Vision of Land and Power.” https://thethirdway.org/divine-dominion-israels-expansive-vision-of-land-and-power/, 2025.
- Il Faro sul Mondo. Corridoio di David parte del piano ‘Grande Israele’, 2025.
[1] Pars Today, Dietro le quinte degli attacchi israeliani in Siria; il piano diabolico del Corridoio di Davide per dominare le risorse energetiche dell’Asia occidentale, 2025.
[2] “Divine Dominion: Israel’s Expansive Vision of Land and Power,” The Third Way, https://thethirdway.org/divine-dominion-israels-expansive-vision-of-land-and-power/, 2025.
[3] Israel pursuespolitical, military goals by building divisive corridors in Gaza, Anadolu Agency, https://www.aa.com.tr/en/middle-east/israel-pursues-political-military-goals-by-building-divisive-corridors-in-gaza/3332743/, 2025.
[4] Whatis the Philadelphicorridor, and whyisit so important to Israel?, The Guardian, https://www.theguardian.com/world/article/2024/sep/03/what-is-the-philadelphi-corridor-israel-gaza-egypt-netanyahu/, 2025.
[5] The Geopolitics of Corridors: Israel’s New Strategy for Engineering Power in West Asia, International Peace Studies Centre, https://peace-ipsc.org/2025/08/04/the-geopolitics-of-corridors-israels-new-strategy-for-engineering-power-in-west-asia/, 2025
[6] Il Faro sul Mondo, Corridoio di David parte del piano Grande Israele, 2025.
[7] Osservatorio sulla legalità e sui diritti, Siria: il corridoio di Davide, 2024.
[8] Leandro Leggeri, “Siria: il corridoio di Davide,” Osservatorio sulla legalità e sui diritti, 2024, http://www.osservatoriosullalegalita.org/25/acom/04/07lelegaza.htm.
[9] Il Faro sul Mondo, Corridoio di David parte del piano Grande Israele, 2025.
[10] Ibid.
[11] Pars Today, “Dietro le quinte degli attacchi israeliani in Siria: il piano del ‘Corridoio di Davide’,” 2025, https://parstoday.ir/it/news/west_asia-i361012.
[12] Ibid.
[13] International Institute for Strategic Studies. Iran’s Networks of Influence in the Middle East. https://www.iiss.org/globalassets/media-library—content—migration/files/publications—free-files/strategic-dossier/iran-dossier/irans-networks-of-influence-in-the-middle-east.pdf.
[14] Israeli David’s Corridor Implications in West Asia, SpecialEurasia, https://www.specialeurasia.com/2025/08/25/israel-davids-corridor/, 2025.
[15] Euronews Italia, “Siria e Israele negoziano accordo di sicurezza.” https://it.euronews.com/2025/09/17/siria-e-israele-negoziano-accordo-di-sicurezza-e-la-smilitarizzazione-del-sud-di-damasco.
[16] Ibid.
[17] Qaisar Ali, Shahid Jan Afridi e Zahoor Rahman, The David Corridor: A Geopolitical Game Behind the Greater Israel and Its Impact on Gaza (Mardan e Mosca: Peoples’ Friendship University of Russia e Abdul Wali Khan University, 2025), PDF
[18] Il Faro sul Mondo, “Corridoio di David parte del piano ‘Grande Israele”, 2025.
[19] Ibid.








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