di Maria Morigi
Se Tenzin Gyatso già nel marzo del 2011 aveva ufficialmente presentato le dimissioni in favore di un successore eletto dal Parlamento tibetano in esilio di Dharamsala, negli anni scorsi si è assistito al progressivo declino di autorità del Dalai Lama quale ‘ambasciatore’ del buddhismo nel mondo.
Papa Bergoglio, infastidito dalle interferenze USA tramite Mike Pompeo, era arrivato addirittura a non ricevere Tenzin Gyatso in Vaticano in forma ufficiale; e man mano, molti (Comune di Milano e Firenze ad esempio) sostenitori del cosiddetto “Free Tibet” si erano tirati indietro e non avevano ospitato le campagne pubblicitarie del Dalai Lama (“Oceano di Saggezza”) mettendo finalmente a fuoco che si trattava di indiretta ma palese propaganda politica anti-cinese.
Tuttavia per chi si interessa di Tibet e segue le previsioni di meteo – terremoti – catastrofi, era annunciato: sarebbe venuto il tempo anche per l’“Oceano di Saggezza” di sentire avvicinarsi il giorno finale e di preoccuparsi della nomina del suo successore. E fin qui è tutto comprensibile, salvo che l’annuncio della ricerca del successore, così come gestita dai media occidentali ignoranti di storia e prevenuti a proposito della legittima sovranità di Pechino sul Tibet, diventa un’arma quanto mai utile oggi per colpire la credibilità di Pechino.
L’approssimativa informazione del media e dei fanatici del “Free Tibet” si basa sul pregiudizio di fondo che l’immaginato “Tibet indipendente da Pechino” sia stato “invaso” dall’Esercito di Liberazione della RPC e il Dalai Lama costretto all’esilio nel 1959 in India. Quando la realtà storica è che Il Tibet, fin dal crollo dell’Impero tibetano (1), è sempre stato parte integrante dell’Impero cinese con riconoscimento di previlegi feudali alle varie e potenti Scuole lamaiste (lignaggi o Sarma (2)) cioè le correnti di trasmissione e ritualizzazione degli insegnamenti del buddhismo tantrico. Durante la dinastia mongola Yuan e le successive dinastie Ming e Qing, di fatto ai lignaggi tibetani era concessa un’autonomia amministrativa di tipo feudale –teocratico approvata dal Celeste Impero, il quale è sempre stato partecipe – in funzione di autorità statale – delle nomine delle due maggiori autorità lamaiste (Dalai Lama e Panchen Lama).
Aggiungiamo anche, per chiarezza, che gli unici ad invadere e occupare il Tibet sono stati gli appetiti coloniali britannici con la spedizione militare in Tibet del 1903-1904 nell’ambito del Grande Gioco che interessò tutta l’Asia centrale e l’Afghanistan in funzione anti-russa.
Un non secondario aspetto (provato da documenti CIA de-secretati) riguarda le protezioni di agenzie legate alla CIA e i finanziamenti di cui ha goduto Tenzin Gyatso per andarsene in esilio assumendo un ruolo strumentale contro la politica di Pechino intesa a tutelare le minoranze etnico religiose in un preciso quadro normativo. E pensare che in precedenza Mao Zedong e Tenzin Gyatso avevano collaborato e trattato, immortalati da foto ufficiali, proprio per addivenire ad una concreta soluzione sulle competenze reciproche in Tibet (di sovranità neppure si parlava perché era scontato che Storia e Diritto certificavano che il territorio tibetano appartenesse alla RPC).
Ma veniamo a qualche chiarimento sull’istituzione del sistema di reincarnazione del “Buddha Vivente”. Stiamo parlando del TULKU o del “Lama incarnato”, pratica che coinvolge sia il Dalai Lama che il Panchen Lama, i due tulku più importanti della scuola Gelug (il Dalai Lama ricopre un ruolo di guida spirituale e politica, e il Panchen Lama (3) in sanscrito “erudito/grande maestro” svolge un ruolo importante nelle pratiche religiose e rituali). Secondo i fedeli tibetani i due lama sono come il sole e la luna, entrambi hanno il supremo compito di ricercare le reciproche reincarnazioni e impartire loro gli insegnamenti della tradizione. Il Tulku fu introdotto nel 12° secolo dal Karmapa “Quello dall’azione [illuminata]” capo spirituale del lignaggio Karma Kagyu, una delle quattro principali scuole del buddismo tibetano. A differenza dei comuni monaci, per un lama la reincarnazione è volontaria, poiché si crede che egli ritorni a nascere in modo consapevole, spinto dal nobile desiderio di aiutare gli altri. Dal 14° secolo, quando un grande maestro muore, è diffusa la consuetudine vincolante di identificare in un bambino la reincarnazione del maestro. Il bambino verrà sottoposto ad esaurienti prove di validità, prima di essere confermato (una burocrazia devastante e tipicamente cinese!!!). Dal 14° fino alla fine del 18° secolo, quando ormai erano manifesti gli interessi coloniali britannici e anche il bisogno di tutela del Tibet legandolo strettamente all’impero Qing, il riconoscimento del Tulku rimase inalterato. Nel 1793 l’imperatore Qianlong per difendere e mettere sotto protezione imperiale la tradizione del Tulku, promulgò la regola secondo cui le reincarnazioni dei Dalai Lama e dei Panchen Lama, per avere validità, avrebbero dovuto essere confermate definitivamente dal governo imperiale.
In conclusione, oltre a non comprendere questo sfegatato battersi per una questione di stampo medievale – teocratico, c’è da rimanere sbalorditi di fronte alla situazione aberrante: da una parte la RPC difende la legittimità della tradizione buddhista tibetana cercando di assicurare l’appoggio statale ad una pratica che dalle parti nostre avremmo già classificato come espressione di un mondo magico – esoterico; dall’altra parte i media occidentali, con la solita pratica del doppiopesismo, si fanno paladini di un’autorità “religiosa” di cui prima di tutto non hanno capito una cippa, anche se è così suggestiva, ma che gli fa comodo pur di aizzare gli animi contro l’autocrazia /regime/ dittatura cinese.
Avendo praticato il Tibet ho avuto esperienza di altre “divertenti” contraddizioni: la Cina protegge come patrimonio culturale molti culti oracolari tradizionali, e d’altra parte il Dalai Lama dal suo esilio li condanna come “infernali” (dopo essersene servito mentre era in Tibet per produrre profezie). Mi riferisco al famoso Oracolo Nechung(“Piccola dimora” ii lingua tibetana) a cui vanno migliaia e migliaia di pellegrini del tutto in barba all’autorità del Dalai Lama.
NOTE AL TESTO
1) il “Grande Tibet” nato nel 618 con Songtsen Gampo e finito nel 842 con Langdarma.
2) Il lignaggio o Sarma è depositario delle dottrine da praticare tramite esperienze fisiche e mentali guidate da lama qualificati che, a loro volta, abbiano ricevuto da altri lama le specifiche trasmissioni (Lung) e Iniziazioni (Wangkur).
3) In concomitanza del governo tibetano in esilio in India, al X Panchen Lama fu concesso dalle autorità cinesi di rimanere in Tibet esercitando le proprie funzioni. Accusato dalle potenze occidentali di essere un funzionario fantoccio strumentalizzato dal regime comunista, nel 1961 presentò un rapporto sulla situazione del popolo tibetano; i dirigenti di Pechino gli offrirono la guida spirituale del Tibet, al suo rifiuto fu incarcerato e, una volta rilasciato, mantenne un atteggiamento pacifico, nel 1989 morì improvvisamente a Xigaze, forse per attacco cardiaco e in circostanze mai chiarite. La questione del successivo Tulku del Panchen Lama è ancora oggetto di controversie e naturalmente di accuse da parte occidentale.
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