Farhat Asif (The Diplomatic Insight)
Il 3 luglio 2025, la Russia è diventata il primo Paese a riconoscere ufficialmente il Governo talebano da quando il gruppo è tornato al potere in Afghanistan quattro anni fa. L’ambasciatore di Mosca a Kabul, Dmitry Zhirnov, ha formalmente comunicato la decisione del Cremlino al Ministro degli Esteri Amir Khan Muttaqi in un incontro che ha attirato immediatamente l’attenzione internazionale.
Nel giro di poche ore, la bandiera talebana è stata issata sull’Ambasciata afghana a Mosca. Il Ministero degli Esteri russo ha descritto l’iniziativa come un passo avanti verso una “cooperazione bilaterale produttiva”, con l’intenzione di impegnarsi in iniziative commerciali, infrastrutturali, agricole e antidroga.
Questa decisione giunge dopo un lungo periodo di collaborazione durato due anni, che ha incluso anche la rimozione dei Talebani dalla lista dei terroristi russi e l’invito dei loro rappresentanti ai principali forum economici e politici. Delegazioni afghane hanno partecipato a forum economici ospitati dalla Russia, tra cui lo SPIEF e il Forum di Kazan, a dimostrazione del crescente impegno. Gli interessi del Cremlino sono allineati con la riduzione della minaccia dell’ISIS-K, soprattutto dopo l’attacco alla sala concerti di Mosca del marzo 2024, che ha ucciso oltre 140 persone. Poiché i Talebani considerano l’ISIS-K un nemico, Mosca sembra credere di aver trovato un partner necessario in una regione instabile.
Mentre il riconoscimento da parte della Russia segnala una svolta strategica, altri hanno esitato. La Cina ha accolto con favore la mossa di Mosca, ma ha mantenuto la sua ambigua posizione diplomatica, avendo precedentemente accettato l’inviato dei Talebani senza rilasciare un riconoscimento formale. Il Pakistan ha reagito con cautela, definendo la vicenda una questione tra due Stati sovrani. Il portavoce del Ministero degli Esteri Shafqat Ali Khan ha riconosciuto l’importanza regionale della Russia, ma ha evitato di avallare o criticare la decisione. Il Pakistan continua a lottare contro gli attacchi transfrontalieri dei gruppi TTP, che Islamabad ritiene trovino rifugio in Afghanistan. Il riconoscimento, nel calcolo di Islamabad, è visto più come uno strumento di leva che come una ricompensa. Il Pakistan ha già elevato di recente ad ambasciatore a pieno titolo il CDA dei Talebani in Afghanistan, nominato qui a Islamabad, mentre la Cina ha un ambasciatore a pieno titolo che lavora a Kabul, e analogamente a Pechino.
Tuttavia, un movimento diplomatico è in corso. Emirati Arabi Uniti, Turchia, Uzbekistan e Pakistan si stanno preparando a inviare ambasciatori a tempo pieno a Kabul. Questo silenzioso cambiamento indica la formazione di un consenso regionale attorno a un impegno pragmatico con i Talebani, sebbene il riconoscimento ufficiale rimanga politicamente delicato.
Tuttavia, il simbolismo della mossa della Russia ha un peso che va oltre la diplomazia. Solleva interrogativi profondi sull’ordine internazionale e sul costo della legittimazione di regimi con una scarsa reputazione in materia di diritti umani. Ex funzionari afghani e voci della società civile hanno reagito con allarme.
Naseer Ahmad Andisha, rappresentante dell’Afghanistan alle Nazioni Unite a Ginevra, ha definito la decisione un’occasione persa per una diplomazia significativa. L’ex parlamentare Fawzia Koofi ha avvertito che tali gesti aggravano l’impunità e mettono in pericolo sia gli afghani che la sicurezza globale in generale. Il Fronte di Resistenza Nazionale e l’Afghanistan Freedom Front hanno condannato la mossa, avvertendo che incoraggia gli attori estremisti in tutta la regione.
Il riconoscimento da parte di una grande potenza, soprattutto se con un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, apre la strada ad altre che potrebbero seguire l’esempio. Ciò potrebbe portare a una lenta normalizzazione dei governi talebani, in particolare nelle regioni in cui le strutture statali rimangono deboli. Per gruppi come il TTP, Hizb ut-Tahrir o l’IMU, questo rappresenta un pericoloso incoraggiamento. Trasmette il messaggio che il potere ottenuto con la forza potrebbe alla fine garantire un posto al tavolo diplomatico.
Da una prospettiva geopolitica, la decisione della Russia riflette un duro realismo. Le potenze occidentali non sono più presenti in Afghanistan. Mosca vede l’opportunità di plasmare l’ordine regionale post-USA inserendosi come partner economico e di sicurezza. Questo non è guidato da ideologie o valori condivisi, ma si tratta di assicurarsi influenza in uno spazio lasciato aperto da altri.
Ciò che rimane irrisolto è se questo impegno aiuterà l’Afghanistan a trovare stabilità o se rafforzerà la resistenza dei Talebani alle riforme. L’assenza di condizionalità sull’istruzione delle ragazze, sulla partecipazione femminile, sulla libertà di stampa o sull’inclusione politica offre poche speranze ai cittadini afghani che hanno sopportato il peso di un regime repressivo. Il riconoscimento da parte della Russia, nella sua forma attuale, sembra legittimare una realtà politica senza affrontare il costo umano che continua a imporre.
Per il Pakistan, questo riconoscimento da parte di uno stretto partner regionale complica un già delicato equilibrio. Per la regione, segna l’inizio di una nuova fase, in cui gli interessi strategici potrebbero prevalere sugli ideali democratici e il potere potrebbe contare più della legittimità. La vera prova sarà se questo percorso porterà alla pace o se semplicemente ridefinirà le regole d’ingaggio in un panorama già frammentato.
Non si tratta del ritorno del Grande Gioco del diciannovesimo secolo, ma di qualcosa di più vicino alla sua logica. L’influenza non si negozia conquistando il cuore delle popolazioni, ma gestendo i regimi che le governano, indipendentemente da come siano arrivati al potere. La mossa della Russia non è né un’aberrazione né un modello prestabilito. È un segnale che la geopolitica sta di nuovo scrivendo le proprie regole, silenziosamente e spesso senza consenso.
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