Quanto conviene a Washington il disaccoppiamento USA Cina?

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di Antonio Albanese

FONTE ARTICOLO: AGCNEWS.EU

Stando a Bloomberg: «Nonostante l’accesa retorica sulla sicurezza nazionale a Washington e i discorsi sul “disaccoppiamento” nei circoli politici, le due principali economie mondiali rimangono saldamente intrecciate». Si fa riferimento al commercio bilaterale Cina Usa che si conclude nel 2022 con un indice assai elevato.

Il mancato disaccoppiamento è probabilmente una buona notizia per la Cina, ma una notizia ancora migliore per il mercato americano. Il disaccoppiamento non farebbe bene a nessuno dei due paesi, riporta AT.

Significherebbe l’opposto dell’integrazione economica: cioè gli americani dovrebbero smettere di acquistare prodotti manifatturieri dalla Cina. Ma questo è in contrasto con i dati reali del commercio bilaterale, dove nonostante l’aggiunta di una tariffa d’importazione al prezzo al dettaglio, il pubblico americano non può acquistare abbastanza prodotti Made in China.

Questa è la realtà ad oggi.

Affinché gli Stati Uniti non acquistino dalla Cina, gli americani dovrebbero produrre gli stessi prodotti in America. Donald Trump voleva far rientrare le aziende americane negli Stati Uniti, ma l’idea fallì per una serie di motivi. La produzione di beni ha lasciato gli Stati Uniti decenni fa, prima per le “quattro tigri” come Taiwan e Hong Kong e poi per la Cina continentale. Le competenze di base necessarie alla linea di produzione non sono più presenti in America da molti decenni e non possono essere sostituite da un giorno all’altro su richiesta.

Negli States alcuni lamentano la scarsa lungimiranza di Washington per non aver elaborato una politica industriale che incoraggiasse il mantenimento della produzione di prodotti di uso corrente, come giocattoli, televisori, personal computer o telefoni cellulari.

In realtà, la maggior parte della colpa è da attribuire alla costante fede dell’America nel capitalismo, come da copione scritto da Wall Street basato sulle multinazionali.

Le multinazionali vanno dove i costi di produzione sono più bassi e vendono dove il profitto è più alto. L’ interesse nazionale non figura nelle loro discussioni in sala riunioni.

Joe Biden non ha avuto il coraggio di rimuovere i dazi sulle importazioni dalla Cina, e Washington ha demonizzato a tal punto la Cina che Biden non ha voluto rischiare l’ammorbamento nei confronti di Pechino.

Tuttavia, riportare l’industria manifatturiera negli States non è così semplice: innanzitutto, la scala salariale americana farebbe aumentare i costi di produzione, forse fino al 50% per i semiconduttori; nel caso di prodotti di fascia alta, la produzione necessita anche di una catena di fornitura completa di parti e componenti, che dovrebbe essere trapiantata da qualche parte.

Quindi, Biden fa leva sui sussidi per invogliare le multinazionali straniere, di qualsiasi paese tranne la Cina, a trasferire i loro stabilimenti negli Stati Uniti. Le aziende europee trovano allettanti queste prospettive. Le loro economie nazionali devono far fronte alla penuria e all’inflazione a causa della guerra in Ucraina e trovano attraente la stabilità e il mercato americano.

Proprio come le loro controparti americane, le aziende europee devono la loro fedeltà agli azionisti. Ma attirare le multinazionali europee negli Stati Uniti significa sottrarre posti di lavoro ai loro Paesi d’origine, il che rende i leader europei molto scontenti, e non è certo un modo di trattare gli alleati dell’America.

L’altro approccio di Biden è quello di spostare lo stabilimento della Tsmc a Phoenix, in Arizona. Il primo gruppo di dipendenti della Tsmc ha accompagnato le attrezzature smontate da Taiwan.

A distanza di poche settimane, si stanno manifestando segnali preoccupanti. Il personale di Taiwan è abituato a lavorare in turni di 10-12 ore e gli era stato promesso che non avrebbe dovuto fare i turni di notte. Ebbene, anche i loro colleghi americani non vogliono fare i turni di notte e otto ore al giorno sono il loro orario normale.

Anche la differenza tra la scala salariale di Taiwan e quella degli Stati Uniti crea tensioni e risentimenti. Presumibilmente, alla fine la differenza sarà armonizzata, ma i costi di produzione aumenteranno.

La domanda è: i clienti di Tsmc pagheranno per questi chip più costosi in nome dell’interesse nazionale o continueranno ad acquistare dallo stabilimento Tsmc rimasto a Taiwan?.

Se il disaccoppiamento si verificasse improvvisamente, gli Stati Uniti pagherebbero un prezzo molto più caro rispetto alla Cina. La Cina continuerebbe a essere il partner commerciale più importante per tutti i Paesi, tranne che gli Stati Uniti.

A metà del mese scorso il Segretario al Tesoro Janet Yellen è volata in Europa per incontrare il vicepremier cinese Liu He mentre si recava a Davos. A quanto pare, la Yellen ha sottolineato l’importanza che la Cina si tenga i dollari e continui ad acquistare il debito statunitense. Nessuna parola sul disaccoppiamento.

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