VERSO UNA MULTIPOLARITÀ SEMPRE PIÙ COMPLESSA: IPOTESI PER IL FUTURO

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Autore: Andrew Korybko
Traduttore: Marco Ghisetti
Articolo Originale in lingua inglese

Un “Nuovo Ordine Mondiale” sta emergendo sotto gli occhi di tutti, ha detto il vice ministro della difesa russo Aleksandr Fomin in un’intervista rilasciata a Russia Today all’inizio di questo mese. L’emittente lo cita per aver confidato che:

“Oggi stiamo assistendo alla nascita di un nuovo ordine mondiale. Osserviamo una tendenza dei Paesi ad essere spinti verso una nuova guerra fredda: gli Stati sono divisi in ‘noi’ e ‘loro’, con ‘loro’ definiti inequivocabilmente come avversari nei documenti dottrinali; il sistema di relazioni internazionali esistente e il quadro di sicurezza stanno venendo sistematicamente demoliti; il ruolo delle organizzazioni internazionali, intesi come strumenti di decisione collettiva nel campo della sicurezza, si sta riducendo; stanno emergendo nuovi tipo di armi che stanno cambiando radicalmente l’equilibrio di potere nel mondo moderno e in cui la guerra sta penetrando aree precedentemente escluse – come lo spazio extra-atmosferico e lo spazio cibernetico. Tutto ciò, ovviamente, comporta ad un cambiamento nei principi e nei metodi della guerra”.

Fomin non ha approfondito la questione, ma è possibile fare alcune ragionevoli congetture circa i contorni del nascente nuovo ordine mondiale di modo da individuare le possibili implicazioni

Contesto strategico

I processi identificati dal viceministro possono essere dovuti ad una combinazione della guerra commerciale USA-Cina lanciata da Trump, guerra che ha provocato una nuova guerra fredda tra queste due grandi potenze – o “superpotenze”, secondo alcuni – e una guerra mondiale al Covid, in cui processi di cambiamento a tutto spettro del paradigma internazionale si sono incanalati in seguito ai tentativi non coordinati del mondo di contenere il Covid-19. La prima guerra è risultata nell’epurazione delle burocrazia militare, di intelligence e diplomatica degli Stati Uniti (lo “Stato profondo”) da ogni pragmatica influenza cinese amichevole, così come nel pieno orientamento della forza militare statunitense contro la Repubblica Popolare. Questo orientamento ha reso quasi impossibile ai Democratici, teoricamente amici della Cina, di invertire i grandi disegni strategici di Trump in seguito all’insediamento di Biden. È per questo che infine anche di i Democratici sono saltati sul carrozzone anti-cinese.

Per quanto riguarda la guerra mondiale al Covid, invece, essa ha esacerbato la già intensa competizione globale tra Stati Uniti e Cina, mettendo così sotto ulteriore pressione i politici statunitensi affinché essi aprano un varco strategico nell’ottica di ottenere un vantaggio sul loro principale rivale mondiale. I dettagli dei loro calcoli strategici non possono essere da noi conosciuti approfonditamente, ma è chiaro che i Democratici, precedentemente russobofi, nell’ultimo mese si siano confrontati con la Russia in maniera molto più pragmatica rispetto a quanto facevano in passato. Ciò è dimostrato dalla solo apparentemente sorprendente de-escalation in Ucraina registratasi alla fine di aprile (dove in molti hanno pensato che sarebbe scoppiata una guerra tra i due attori), la decisione altrettanto sorprendente da parte degli Stati Uniti di imporre sanzioni per la maggior parte solo leggere sul Nord Stream 2, l’inaspettata dichiarazione del portavoce del Pentagono secondo cui la Russia non sia un “nemico”, così come il comune vertice tra Putin e Biden, programmato nonostante il Presidente degli Stati Uniti avesse fino a poco tempo fa definito il presidente russo un “assassino”.

I disegni strategici dello “Stato profondo”

I Democratici – o meglio, le forze dello “Stato profondo” che li sostengono – hanno evidentemente compreso la saggezza strategica della visione di Trump secondo cui è meglio migliorare le relazioni con la Russia di modo che gli Stati Uniti possano concentrarsi maggiormente sul “contenimento” della Cina. Ciò non è causato da un ritrovato apprezzamento della grande potenza eurasiatica, che anzi molti di loro continuano ad odiare profondamente a causa degli accordi programmatici che essa aveva stipulato con Trump e, inoltre, dalla sua implementazione di politiche conservatrici che contraddicono l’approccio liberale delle oligarchie statunitensi, ma per via del semplice pragmatismo geostrategiche dei quattro anni dell’era Trump. Con il complesso militare-industriale degli Stati Uniti sempre più concentrato sul “contenimento” della Cina che non della Russia – come è evidente dalle dottrine che sono state promulgate durante la presidenza di Trump e i relativi riorientamenti politici –, lo “Stato profondo” non aveva sostanzialmente altra scelta se non di continuare sullo stesso percorso, per quanto malvolentieri.

Ciò spiega la speranza che il viaggio di Biden in Europa porterà ad un miglioramento relativo delle relazioni con la Russia, anche se probabilmente ciò che dall’incontro ne uscirà sarà semplicemente una decisione dei rispettivi “Stati profondi” di rendere più pragmatica la rispettiva competizione globale. Questa cosa per la Russia costituirebbe un relativo rilassamento della pressione che soffre lungo il suo fianco occidentale, mentre per gli Stati Uniti potranno ciò permetterebbe di reindirizzare una maggior attenzione strategico-militare dall’Europa centro-orientale (ECC) all’“Indio-Pacifico”. Il proseguimento della “virata verso l’Asia” lanciata da Obama e perseguita dalle presidenze Trump e Biden è comprovata dalle rispettive decisioni di ridurre gli impegni militari e strategici degli Stati Uniti in Asia occidentale (Siria e Iraq) e in Asia centro-meridionale (Afghanistan). La decisione di Biden di ritirarsi dall’Afghanistan era piuttosto inaspettata, considerando l’opposizione dei Democratici a qualsiasi politica implementata da Trump, ma dimostra la generale necessità statunitense di riconsiderare le proprie prospettive strategiche.

Il “bilanciamento” eurasiatico

Il nuovo ordine mondiale che probabilmente nascerà sarà caratterizzata da un enorme “equilibrio”, soprattutto per quanto riguarda le grandi strategie russe, turche, indiane e cinesi in Eurasia.

Russia

La grande potenza eurasiatica cercherà di ottimizzare la propria posizione tramite un’azione di “equilibro” afro-eurasiatico tra l’Occidente e l’Oriente. Il primo gruppo comprende Stati Uniti ed Unione Europea; il secondo gruppo va dalla Cina e dalla sua Nuova Via della Seta all’India e al suo Movimento dei Non Allineati passando per la Turchia, per quanto riguarda la gestione della “concorrenza amichevole” con la Russia, soprattutto nell’Asia occidentale, nel Caucaso meridionale, nell’Europa centro-orientale e forse presto anche nell’Asia centrale e infine per l’Africa circa l’esportazione delle soluzioni di “sicurezza democratica” di Mosca nei confronti degli Stati ibridi minacciati dalla guerra.

Turchia

La grande potenza dell’Asia occidentale raddoppierà il suo “Corridoio mediano” che attraversa il Caucaso meridionale, il Mar Caspio e l’Asia centrale in direzione della Cina (cosa resa ancora più fattibile in seguito alla vittoria dell’alleato azero nella guerra del Karabakh dello scorso anno); espanderà il suddetto corridoio di modo da connettersi maggiormente con l’alleato pakistano tramite il Corridoio di Lapis Lazuli; si radicherà più approfonditamente nel nord della Siria; farà leva sulla Fratellanza Musulmana, sua alleata, allo scopo di espandere la sua influenza ideologica in tutta la comunità musulmana internazionale; infine continuerà a fare incursioni in Africa e nell’Europa centro-orientale (soprattutto per il tramite della vendita di armi).

India

La grande potenza del Sud-Est Asiatico cercherà di sfruttare la Russia e gli Stati Uniti per evitare di cadere in una sproporzionata dipendenza dalla Cina (anche se probabilmente si avvicinerà più a Mosca che non a Washington per via della recente pressione di quest’ultima circa le minacce di sanzioni per via dell’acquisto del S-400, la negativa copertura mediatica, la violazione della zona economica esclusiva e la continua impossibilità di firmare un accordo di libero scambio); cercherà di raggiungere una sorta di distensione delle tensioni con la Cina per puro pragmatismo; rilancerà l’indo-giapponese Corridoio di Crescita Afro-Asiatico per competere economicamente con la Cina nel sud globale, in particolare con insieme agli Stati occidentali.

Cina

La grande potenza dell’Asia orientale perseguirà l’obiettivo di creare un blocco sino-musulmano del cuore della terra eurasiatico facendo leva sui suoi accordi strategici e sulla connettività del W-CPEC+ con Pakistan, Iran e Turchia (che potrebbe estendersi perso fino alla Siria di modo da facilitare la creazione di un blocco musulmano); farà sempre più affidamento alla S-CPEC+ per approfondire la connettività sino-africana attraverso per il tramite del Pakistan (aggirando così il Mar Cinese Meridionale e lo Stretto di Malacca); intensificherà le relazioni commerciali con gli Stati del Partenariato Economico Globale Regionale e con l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico; cercherà di migliorare le relazioni con l’India per ragioni pragmatiche (di modo da evitare una guerra su due fronti che verrebbe provocata dagli Stati Uniti lungo la frontiera sino-indiane e nel Mar Cinese Meridionale); raccoglierà l’intero sud globale intorno a sé grazie alla Nuova Via della Seta.

Convergenze e contraddizioni

Tendendo a mente quanto sopra, è necessario sottolineare alcune convergenze e contraddizioni.

Convergenze

– Tutte e quattro le grandi potenze sono interessate alla connettività economica, anche se l’India è ancora riluttante ad aderire alla Nuova Via della Seta e probabilmente continuerà a nutrire forti dubbi. Da qui nasce il suo desiderio di riesumare il Corridoio di Crescita Afro-Asiatico e, forse, anche di invitare la Russia in questo schema commerciale transcontinentale (concentrandosi sull’Artico, l’Estremo Oriente, l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico e l’Africa);

– Nessuno dei suddetti attori primari è interessato a generare instabilità regionale, anche se gli sforzi della Turchia di espandere la propria influenza su tutta la Ummah attraverso la Fratellanza Musulmana potrebbe prolungare la generale instabilità dell’Asia occidentale e del Nordafrica;

– Tutti e quattro stanno attivamente espandendo la propria influenza per il tramite di istituzioni regionali tra cui l’Unione Eurasiatica capitanata dalla Russia, il Consiglio Turco della Turchia, l’Iniziativa del Golfo del Bengala per la Cooperazione Tecnica ed Economica Multisettoriale dell’India e la Nuova Via della Seta della Cina, le quali potrebbero entrare in sincronia qualora la Turchia dovesse mai aderire all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (dato che è l’unica di queste quattro nazioni a non esserne membro).

Contraddizioni

– Il crescente peso economico della Cina in Asia centrale ed occidentale potrebbe rubare il tradizionale e ritrovato ruolo della Russia in queste due regioni, costringendo così Mosca ad “accomodare” sempre di più Pechino e gradualmente cedere la propria tradizionale influenza alla Repubblica Popolare;

– La Russia sta temendo sempre di più che l’espansione turca nelle tradizionali “sfere d’influenza” di Mosca (Caucaso meridionale e Asia centrale) possa alla lunga diventare “ingestibile”, eventualità in cui lo scenario peggiore che ne risulterebbe sarebbe non più un “accomodamento” nei confronti della Cina, ma una vera e propria competizione trans regionale;

– La prevista istituzionalizzazione del Corridoio di Crescita Afro-Asiatico da parte dell’India (in cui potrebbe rivestire un ruolo importante anche la Russia, per lo meno nell’Artico e nell’Estremo Oriente, così come d’altronde potrebbero rivestirlo anche gli Stati Uniti) approfondirà la minaccia percepita dalla Cina nei confronti dello Stato dell’Asia meridionale, nel caso in cui essa effettivamente espanderà la sua influenza economica in tutto il “Sud globale” e soprattutto lungo i confini di Pechino.

I piani statunitensi

Quanto detto potrebbe facilitare alcuni piani strategici di divisione e controllo promossi dagli Stati Uniti, i quali potrebbero:

– Intensificare la guerra d’informazione ai danni della Nuova Via della Seta in tutto il Sud globale al fine di provocare rivoluzioni colorate contro i governi che fanno affari con la Cina e privare così Pechino delle risorse e dei mercati di cui ha bisogno per sostenere la propria crescita e, forse, anche per sostituire gli investimenti cinesi, che verrebbero così perduti, con il Corridoio di Crescita indiano;

– Ricalibrare la propria partnership strategica con l’India sul Corridoio di Crescita in opposizione al Quad a guida militare al fine di fornire alla grande potenza dell’Asia meridionale l’assistenza finanziaria, organizzativa e di guida di cui ha bisogna per competere con la Cina nel Sud globale e implementare in questi luoghi e in questo modo la guerra ibrida che gli Stati Uniti hanno già pianificato di lanciare;

– Considerare la possibilità di cooptare la Turchia al fine di sfruttare la ritrovata influenza turca nelle sfere tradizionali russe nel Caucaso meridionale e nell’Asia centrale di modo da provocare lo scenario peggiore che abbiamo già menzionato in vista di un’intensificazione della concorrenza nella macro-regione.

Soluzioni eurasiatiche

Questi piani possono essere rovinati nei seguenti modi:

– La Cina deve convincere il Sud globale che il modello di relazioni internazionali che sta promuovendo è veramente nuovo e molto più vantaggioso di quanto gli Stati Uniti si imegnino a sostenere (anche per il tramite delle riforme “telecomandate”), seppur ci vorrà ancora tempo prima di materializzare concretamente tale modello;

– La Cina e l’India devono seriamente scendere a compromessi molti difficili di modo da ripristinare la perduta fiducia, in particolar modo nei campi economico-finanziario-tecnologici al fine di assicurarsi che i progetti della Nuova Via della Seta e del Corridoio di Crescita Afro-Asiatico convergano piuttosto che competere – eventualità, questa, che annuncerebbe lo scenario migliore, quello di un “Rinascimento 2.0”.

– La Russia e la Turchia devono regolare a loro “competizione amichevole” di modo che risulti qualcosa di molto più sicuro della semplice fiducia reciproca che intercorre tra i rispettivi capi di Stato, cosa che richiede la formazione di un quadro istituzionale tra i due Stati che definisca per bene le reciproche “sfere di influenza”.

Condizioni

Il nuovo ordine mondiale che abbiamo descritto dipende sproporzionatamente dalle seguenti condizioni:

– Gli Stati Uniti e la Russia aprono con successo una nuova era nelle loro relazioni; era in cui regolano la rispettiva competizione globale più responsabilmente e con l’obiettivo di raffreddare le tensioni; la cosa, in prospettiva, potrebbe aprire alla possibilità di scendere ad una serie di compromessi reciproci in tutta l’Eurasia;

– L’India e la Turchia continuano a “bilanciare” gli Stati Uniti e la Russia di modo da garantire la propria ascesa come grandi potenza in un ordine mondiale sempre più complesso, ordine che a sua volta migliora la loro leva strategica nei confronti della Cina e permette loro di espandere le rispettive “sfere di influenza” in modo sostenibile;

– La Cina continua a formulare la propria grande strategia sotto l’ufficiosa “Teoria del terzo mondo”, secondo cui la Repubblica Popolare è la più grande nazione in via di sviluppo (“terzo mondo”) che mira a consolidare il proprio ruolo guida nel Sud globale per il tramite degli accordi mutualmente benefici della sua Nuova Via della Seta e unire così i Paesi del Sud del mondo in un comune destino;

Pensieri conclusivi

È impossibile sapere con certezza che tipo di nuovo ordine mondiale il viceministro della difesa russo A. Fomin aveva in mente quando ha accennato la cosa a Russia Today all’inizio di questo mese. Tuttavia la presente analisi ha cercato di delineare lo scenario futuro, in cui il mondo che emergerà sarà costituito da una multipolarità più complessa di quella attuale. Alla guerra commerciale USA-Cina lanciata da Trump, che ha provocato una guerra fredda tra queste due grandi potenze, si è unito il cigno nero della guerra mondiale al Covid, eventi che hanno spinto lo “Stato profondo” degli Stati Uniti ad abbandonare pragmaticamente la grande strategia statunitense – fino ad ora fallimentare – di “contenere” contemporaneamente sia la Russia che la Cina. L’effetto di questo riorientamento potrebbe essere di trasformare profondamente l’orizzonte geostrategico dell’Eurasia, fornendo da una parte agli Stati Uniti nuove opportunità per dividere e governare il supercontinente, ma dall’altra fornendo alla Russia e alla Cina la possibilità di stabilizzarlo finalmente in un modo sostenibile.

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