Ciad, quale futuro per la situazione della sicurezza nell’area Sahel all’indomani della morte del presidente del Idriss Deby Itno?

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di Sorel Mbah

Pochi giorni fa moriva il presidente del Ciad in seguito alle ferite riportate. Idriss Deby Itno, che i risultati provvisori delle urne annunciavano come vincitore alle ultime elezioni presidenziali tenute pochi giorni prima per la sesta volta, ha perso la vita durante la battaglia contro i ribelli del Fronte per l’alternanza e la concordia del Ciad (FACT) nel nord del Paese. Con questa uscita improvvisa dallo scenario politico ciadiano e internazionale verrebbe messa a repentaglio la sicurezza della parte saheliana e oltre, in preda ad un inasprimento del jihadismo.

Quando si osserva la mappa dell’Africa si può notare da subito che geograficamente il Ciad occupa una posizione strategica perché si situa all’incrocio tra l’Africa del nord, dell’est, dell’ovest e del centro. Inoltre si tratta di un Paese stabile nel cuore di una regione destabilizzata da tutte le parti: la Libia a nord, è nel caos da dieci anni, la Repubblica Centrafricana a sud, vero e proprio ventre molle, il Darfur sudanese all’Est e infine il lago Ciad e il Sahel all’ovest.

La minaccia terrorista da molti anni è una spina nel fianco di questi Paesi della regione sahelo-sahariana, i quali per la maggior parte sono già resi fragili dai problemi interni e inerenti alla loro politica. Così, la Nigeria e il Camerun si sono confrontati militarmente con il gruppo Boko Haram; sul Niger pesa la minaccia non solo di Boko Haram ma anche dello Stato Islamico; la Libia ha a che fare tra l’altro non solo con i propri conflitti politici ma anche con Daesh; il Sudan è di fronte a un conflitto politico e deve plasmare la ribellione, infine la Repubblica Centrafricana deve gestire non solo un conflitto politico e la minaccia terroristica ma anche la ribellione.

Il Ciad da sempre un alleato di peso / il Ciad da sempre un alleato importante

Il Ciad, a causa della sua preponderanza militare, fa parte di questo club molto chiuso di Stati africani interventisti. Il Ciad è su tutti i fronti nella lotta al terrorismo: Mali settentrionale, Niger, Nigeria e Camerun. Per molti anni ha giocato un ruolo importante nella lotta contro il jihadismo diventando inoltre il fulcro di questa lotta in tutta l’immensità saheliana.

È opportuno ricordare che, a N’djamena, la capitale del Ciad, si trova il quartiere generale dell’operazione Barkhane. In effetti, si tratta di un’operazione militare condotta nel Sahel e nel Sahara dall’esercito francese, con l’aiuto secondario di eserciti alleati, che mira a lottare contro i gruppi armati salafiti jihadisti in tutta la regione del Sahel.

Lanciata il 1º agosto 2014, essa sostituisce le operazioni Serval e Épervier. Inoltre, l’esercito ciadiano è considerato come la più agguerrita della Forza congiunta del G5 Sahel, creata nel 2017 dai 5 Stati della regione. I Paesi del Sahel (Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger, Ciad) devono far fronte a molteplici sfide: progressione della minaccia terroristica e della criminalità organizzata, perciò Idriss Déby aveva inviato 1200 dei suoi uomini ai confini del Mali, del Niger e del Burkina Faso.

La forza armata ciadiana si è sempre distinta per la sua prontezza ad intervenire anche dentro i confini dei Paesi investiti dalla minaccia terrorista. A titolo d’esempio le truppe ciadiane sotto l’impulso di Deby hanno svolto un ruolo chiave nel cacciare Boko Haram dalle principali città dello Stato di Borno, ai margini del Lago Ciad, durante un’importante campagna militare condotta nel 2015 nell’ambito di un accordo di cooperazione regionale.

Come in Nigeria, il Ciad aveva schierato 400 militari a Maltam, ad ovest di Kousseri, nel territorio camerunense direttamente minacciato da Boko Haram, i cui attacchi in Camerun si erano intensificati. Questi interventi hanno, in ogni caso, permesso di far regredire la minaccia.

Verso un futuro pieno di incertezze e il timore di effetti negativi.

L’intervento del Ciad nei conflitti in Africa non può essere compreso senza tener conto delle successive trasformazioni interne che ha subito dalla sua indipendenza.

Il presidente del Ciad ha acquisito il potere con le armi nel 1990 e da quel momento fino alla sua morte sul campo di guerra, Deby ha dovuto lottare per preservare il suo potere.

Il problema principale di Idriss sono sempre stati i numerosi movimenti ribelli ciadiani sparsi tra Libia, Sudan, Niger, Camerun, Nigeria e Repubblica Centrafricana. Inoltre, per mantenersi al potere, Déby doveva neutralizzare la figura emblematica della liberazione del Ciad, simbolo della lotta contro la Francafrique e liberatore del suo Paese contro l’occupazione libica: Hussein Habré con l’aiuto del Senegal.

Oggi scomparso, la comunità internazionale teme il ritorno verso il Ciad delle fazioni ribelli ciadiane sparse nei Paesi vicini come successo dopo la caduta di Muammar Gheddafi. Una fragilità socio politica, territoriale e di sicurezza nel Ciad comporta un rischio di sicurezza transnazionale.

La regione, vasta zona desertica di non diritto dove sono proliferati gruppi armati, trafficanti e jihadisti, è un rifugio dei ribelli ciadiani. Quelli che hanno già tentato in passato di marciare su N’Djamena, potrebbero approfittare del momento per ritornare in servizio, dicono gli esperti. Alcuni hanno già proclamato il loro sostegno alla ribellione del momento.

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