Caso Biot: “Un incidente diplomatico non spezzerà i legami tra l’Italia e la Russia”

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di Stefano Vernole

La notizia dell’arresto di un ufficiale della Marina italiana e dell’espulsione di due funzionari dell’Ambasciata Russa in Italia (quello che sarebbe coinvolto direttamente nella vicenda spionistica e il suo superiore) non contribuisce certo a rasserenare i rapporti tra Mosca e Roma.

Sua Eccellenza Ambasciatore Sergey Razov ha auspicato che lo spiacevole episodio non incrini i rapporti sostanzialmente cordiali tra i due Paesi, tuttavia le prime reazioni dei rispettivi ministeri degli Esteri non lasciano presagire nulla di buono.

D’altronde il peggioramento delle relazioni tra la Federazione Russa e il cosiddetto Occidente era facilmente prevedibile dopo l’elezione alla Casa Bianca del Presidente Joe Biden. Non che durante l’Amministrazione Trump i rapporti fossero particolarmente cordiali ma rimaneva probabilmente un margine di azione maggiore a quanti, pur appartenendo alla NATO, intendevano perseguire in nome dell’interesse nazionale una politica più disponibile nei confronti di Mosca rispetto a quella imposta da Washington.

Vi sono due aspetti da considerare, uno legato all’ordine geopolitico internazionale e uno concernente i fattori interni. La crisi pandemica ha accelerato notevolmente le tendenze di contrapposizione mondiale già in essere prima del Covid-19 tra il blocco eurasiatico e quello atlantico; l’intenzione degli Stati Uniti è quello di dar vita ad un riassetto delle alleanze, aumentando la coesione all’interno del proprio sistema spionistico-militare sull’esempio di quanto già realizzato ai tempi della “Guerra Fredda”. La NATO dovrà perciò diventare sempre più globale e coinvolgere i possibili partners in giro per il Pianeta in vista di un possibile conflitto “caldo” contro Russia e Cina. Questa decisione azzera quasi completamente i margini di autonomia delle nazioni europee ancora indecise sul da farsi. Si tratta di quella che ho definito alcuni anni fa l’inevitabile fase bipolare, prima dell’avvento di un nuovo sistema internazionale davvero multipolare (https://www.eurasia-rivista.com/la-vittoria-siria-spiana-la-via-al-multipolarismo/).

La Russia ha ben compreso questa situazione e infatti cerca di porsi quale attore indispensabile per la risoluzione delle controversie internazionali nelle più svariate aree del Pianeta, infastidendo così la visione unipolare statunitense che non le riconosce alcun ruolo di potenza globale. Proprio in questi giorni la tensione militare sta raggiungendo il picco in almeno due teatri di crisi, quello ucraino (dove gli USA e i loro alleati spingono il Governo di Kiev verso una guerra aperta con le regioni del Donbass e la Crimea), quello siriano (dove la Russia intima alla Turchia di abbandonare il proprio sostegno ai jihadisti di Idlib in vista di una nuova offensiva).

L’incidente diplomatico avviene poi in concomitanza con una forte pressione mediatico-popolare (naturale visto che Bruxelles e Washington hanno disatteso le loro promesse) affinchè l’Italia acquisti il vaccino Sputnik; si tratterebbe di una nuova vittoria del soft power di Mosca dopo quella conseguita con l’aiuto dei medici russi a Bergamo (insieme all’invio di diverse tonnellate di aiuti durante la fase più acuta della pandemia in Italia).

Le notizie ufficiali vanno sempre accolte con riserva, tuttavia non è una sorpresa che (da quanto trapelato finora) siano stati i servizi segreti statunitensi a segnalare all’intelligence italiana il diplomatico russo come un membro del GRU (i servizi militari russi); questa è la ragione per cui lo si sarebbe pedinato per mesi, fino all’attuale espulsione.

Il peggioramento delle relazioni era quindi nell’aria per motivi geopolitici. Ora si tratterà di capire meglio i contorni della vicenda italiana e soprattutto di attendere l’evoluzione delle relazioni internazionali tra gli attuali due blocchi contrapposti. Certamente le prime dichiarazioni della Farnesina non lasciano presagire un immediato rasserenamento, dal momento che il Ministero degli Esteri Luigi Di Maio (che pure il 16 gennaio 2020 aveva conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Stella d’Italia al Primo Ministro russo Mikhail Mishustin e al suo Ministro dell’Industria Denis Manturov “per particolari benemerenze” nella promozione dei rapporti tra l’Italia e la Russia) ha insistito parecchio sulla “differenza di valori” tra i due Paesi (così come tra l’Italia e la Cina, nonostante la simpatia dimostrata in passato dallo stesso Di Maio per Pechino).

E’ evidente che la retorica dei “diritti umani” portata avanti con sempre maggiore decisione dall’Amministrazione Biden con il “caso Navalny” e gli insulti a Putin – storico pretesto degli USA per potersi intromettere con la forza nella politica delle nazioni indipendenti – diventerà il leit motiv dei prossimi mesi, se non anni.

Come denunciato dalle associazioni di categoria, la guerra delle sanzioni scatenata da Washington e Bruxelles a partire dal 2014 ha danneggiato economicamente molto più l’Europa (Italia in particolare) che gli Stati Uniti; un miglioramento dell’interscambio commerciale era stato raggiunto poco prima della crisi pandemica ma ha subito un brusco rallentamento a causa del virus. Il rischio, appena la crisi da sanitaria si trasformerà in economica, è che gli scambi commerciali italo-russi segnino un deciso peggioramento a causa non tanto di questo incidente diplomatico quanto per l’aumentare della tensione bellica tra Mosca e Washington.

Le premesse sono tutt’altro che incoraggianti; proprio pochi giorni fa lo stesso Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, rispondendo ad una domanda sul maggiore impegno dell’Italia in Libia (Paese dove attualmente bisogna fare i conti con la determinante presenza russa e turca), auspicava di coinvolgere più a fondo proprio gli Stati Uniti … come se non fosse stato proprio l’intervento militare voluto da Obama (coadiuvato da Sarkozy e Cameron) a trasformare il “cortile di casa” italiano in una nuova Somalia. Viceversa, una maggiore collaborazione con la Russia nel Mediterraneo rappresentava uno dei punti di forza del programma del primo Governo Conte, un proposito che viene contraddetto dagli attuali intendimenti del capo della Farnesina.

Ufficialmente, a breve, le cose non cambieranno; sarà però possibile continuare a collaborare sia culturalmente sia economicamente nei settori non toccati dalle sanzioni. Esiste infatti una naturale simpatia storica tra il popolo italiano e quello russo che si pone ben al di sopra degli attuali schieramenti geopolitici e dell’ipocrisia generata dal mainstream occidentale.

Un semplice incidente diplomatico non convincerà la maggioranza del nostro Paese a seguire la NATO nell’ennesima guerra di aggressione.

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