Storia economica di Hong Kong. Un caso unico al mondo

22 mins read
Start

di Stefano Vernole

Il ritorno alla Madrepatria

Il 9 giugno del 1898, sir Claude Mac Donald, ambasciatore inglese a Pechino e Li Hongzhang, plenipotenziario del Celeste Impero, firmarono la “Convenzione concernente l’estensione del territorio di Hong Kong”, che prevedeva la concessione in usufrutto alla Gran Bretagna per 99 anni di un’area comprendente 200 miglia quadrate di entroterra costituite dai “Nuovi Territori”. Essa andava a completare i precedenti accordi sottoscritti dalle due parti – la Convenzione di Pechino del 24 ottobre 1860, la Convenzione del 20 gennaio 1841 e il Trattato del 29 agosto 1842 – in base ai quali Londra incamerava l’isola di Hong Kong e la Penisola di Kowloon.

Si trattava del frutto delle due “guerre dell’oppio” (combattute tra il 1839 e il 1860); in sintesi, gli inglesi producevano oppio in India, la legge britannica ne vietava il commercio in patria e nelle colonie, perciò essi decisero di imporne con la guerra l’acquisto ai cinesi. Era stato proprio William Jardine, socio principale della grande compagnia britannica che commerciava questa droga, la “Jardine & Matheson”, a premere su Lord Palmerston affinchè si compisse la spedizione militare contro il Regno di Mezzo.

Tra il XIX e il XX secolo, la posizione strategica del “porto profumato” lungo le rotte commerciali in Asia, insieme al suo peculiare status economico e politico, gli consentirono di divenire uno dei siti marittimi più importanti al mondo e una piattaforma finanziaria di rilevanza globale.

Gli imprenditori cantonesi rifugiatesi ad Hong Kong negli anni Trenta durante la guerra con il Giappone ne furono il motore industriale; tra il 1937 e il 1941, metà del commercio estero cinese passava attraverso l’Isola.

Dopo la nascita della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, la dirigenza di Pechino optò per una soluzione di compromesso in base alla quale si tollerava l’esistenza della colonia britannica: Hong Kong (così come Macao) poteva costituire una finestra importante sull’Occidente e contribuire a dividere il campo angloamericano. Grazie a questo delicato equilibrio, la Cina ottenne importanti forniture di petrolio, prodotti chimici, gomma, autoveicoli e macchinari necessari a sostenere la guerra di Corea nel 1950 e ad evitare le restrizioni dovute all’embargo commerciale decretato dalle Nazioni Unite su spinta di Washington 1.

La moderazione dimostrata dal Dragone nell’affrontare la questione della sovranità su territori appartenenti storicamente alla Madrepatria cinese, creò un clima di fiducia e permise alla classe imprenditoriale e manageriale dell’Isola di trasformare negli anni Sessanta Hong Kong nel centro economico e finanziario dell’intera regione. La colonia si dedicò alla manifattura, inizialmente il tessile, poi la plastica, l’elettronica e gli orologi, con una crescita economica del 10% all’anno.

Nel 1967 una disputa sugli orari di lavoro si trasformò in una vera e propria rivolta della popolazione locale contro il governo coloniale britannico; quest’ultimo decise quindi di iniziare la pianificazione di grandi progetti infrastrutturali come l’ampliamento del porto, la costruzione del nuovo aeroporto e di una più efficiente rete stradale urbana.

Ciò non fu sufficiente ad impedire nel 1972 il deposito di una dichiarazione di sovranità su Hong Kong e Macao da parte della Repubblica Popolare Cinese presso il Comitato per la decolonizzazione delle Nazioni Unite.

Nel 1981 le missioni del governatore Murray Mac Lehose e del Ministro degli Esteri Lord Carrington a Pechino chiarirono all’esecutivo di Pechino l’importanza di assicurare ad Hong Kong la continuità del modello liberalcapitalista, visti gli investimenti che molte lobby, specie statunitensi, avevano effettuato su questa piazza finanziaria. La vicina città di Shenzen veniva allora trasformata da Deng Xiaoping in zona economica speciale (zes), così da favorirne la complementarità con il “porto profumato”.

Occorreva assicurare una transizione indolore, sia per evitare contraccolpi economici sulla stessa Cina sia per fornire in prospettiva un esempio di accordo a Taiwan, la cui riunificazione costituiva uno degli obiettivi prioritari della geopolitica della Repubblica Popolare Cinese.

Il 19 dicembre 1984, il Primo Ministro di Londra Margaret Thatcher si recò per la seconda volta a Pechino in pochi anni ed insieme al leader del Partito Comunista Den Xiaoping firmò la Dichiarazione Comune sino-britannica su Hong Kong: 8 paragrafi e 3 allegati che avrebbero regolato il regime di transizione della colonia prima del suo ritorno alla Madrepatria.

Il 10 aprile 1985, la terza sessione della Sesta Assemblea popolare nazionale decise di creare un comitato per la redazione della Legge fondamentale della Regione Amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare Cinese; i suoi lavori finirono quando il 4 aprile 1990 la terza sessione della Settima Assemblea Popolare nazionale adottò la Legge fondamentale della Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare Cinese, legalizzando ed istituzionalizzando la formula “Un Paese, due sistemi”. Questo modello significa che mentre la parte principale della Repubblica Popolare Cinese deve rimanere socialista, Hong Kong e altre regioni vengono autorizzate a mettere in pratica un sistema capitalista.

La Gran Bretagna accettava la proposta di Pechino per la restituzione dell’intero territorio e della completa sovranità su Hong Kong, la Cina si impegnava a mantenere immutato sull’isola il sistema liberalcapitalista per almeno 50 anni dalla data di passaggio sotto l’amministrazione cinese (1 luglio 1997), garantendo un sistema legislativo e giudiziario indipendente. La libertà economica veniva esplicitata nel diritto di proprietà delle imprese, in quello all’eredità e agli investimenti esteri; la Special Administrative Region sarebbe rimasto un porto franco e un territorio doganale separato, avrebbe potuto stabilire reciproche relazioni con la Gran Bretagna, mantenere e sviluppare accordi economici con i diversi Paesi occidentali.

In particolare, l’Allegato I ribadiva la garanzia di ampi margini di autonomia al futuro governo della Regione Amministrativa Speciale (S.A.R. è l’acronimo inglese) in ambito giuridico, fiscale, doganale, monetario e commerciale; l’allegato II prevedeva la costituzione di un organo comune sino-britannico avente il compito di risolvere le eventuali controversie, nel rispetto però della non ingerenza negli affari interni dei rispettivi Paesi; l’Allegato III regolava il contratto di locazione dei terreni che veniva rinnovato fino al 30 giugno 2047.

I circoli economico-finanziari occidentali ricevettero quindi importanti rassicurazioni nel luglio 1985, quando Pechino decise la convocazione del comitato incaricato della redazione della Basic Law, una sorta di statuto di autonomia della futura Regione a Statuto Speciale.

Dopo il caso di Piazza Tian An Men, il Primo Ministro britannico John Major nominò Chris Patten nuovo governatore di Hong Kong, con l’obiettivo di far pubblicare un pacchetto di riforme del suo sistema politico-elettorale ma si scontrò con l’opposizione della Cina preoccupata di mantenere la stabilità e l’ordine sociale dell’isola dopo il ritorno alla Madrepatria; tuttavia, anche in questa occasione, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Jiang Zemin, ne ribadì la posizione di centro finanziario e commerciale a livello internazionale.

Nel 1989 gli investimenti esteri concordati con le autorità cinesi raggiunsero 6,29 miliardi di dollari, nel 1990 aumentarono di 700 milioni, nel 1991 arrivarono a 12,42 miliardi di dollari; fu però il 1992 l’anno dell’accelerazione economica sostenuta dal capitale prevalentemente asiatico. Hong Kong tornò ad importare immigrati (imprenditori e finanzieri, arricchitisi soprattutto nel settore edile ed immobiliare, erano più o meno sempre rimasti nell’Isola), addirittura operai inglesi rimasti senza lavoro in patria e attratti dai cantieri del nuovo aeroporto Chek Lap Kok (chiamati a Londra spregiativamente Filth: Failed in London, Try Hong Kong). Tra il 1990 e il 1996 nacquero 200.000 organizzazioni sociali nei campi più diversi, dalle Camere di commercio delle imprese private ai club delle compagnie straniere, fino ai circoli giovanili.

Ciò consentì un duplice vantaggio: Hong Kong offrì capitali e competenze non solo manageriali alla Cina, mentre quest’ultima costituì un grande serbatoio di manodopera a costi competitivi e, almeno per la vicina provincia del Guangdong, una sostanziale deregolamentazione in materia sociale, ambientale e urbanistica.

L’Ufficio di collegamento del governo centrale del popolo e l’Ufficio del Consiglio di Stato per le questioni di Hong Kong e Macao gestirono il rapporto tra potere centrale e locale, facilitarono i rapporti con le aziende della Repubblica Popolare e gli scambi economici, garantirono il rispetto della Basic Law.

Grazie all’alleanza tra la ricchissima diaspora cinese in loco e lo Stato, circa 770 miliardi di dollari in 10 anni vennero investiti solo per le infrastrutture, i capannoni industriali, le strade e le reti di telecomunicazione. L’élite economica dell’isola, i taipan di fine secolo, non vissero il ritorno di Hong Kong alla Madrepatria come uno smacco, bensì come un’irripetibile occasione di fare affari e di ritornare alle proprie origini.

Il caso più clamoroso fu quello della compagnia aerea Cathai Pacific, della quale il gruppo britannico “Swire” perse la maggioranza assoluta a favore dei cinesi della Citic, vicina al Governo di Pechino.

Alla fine degli anni Novanta, la Regione a Statuto Speciale risultava la seconda al mondo per PIL pro capite (dopo il Giappone), settima per quantità di riserve valutarie straniere e terza per esportazione di indumenti. Nel 1999 anche il Governo portoghese rispettò gli accordi presi in precedenza e Macao tornò sotto la sovranità cinese.

Tutti i dati elaborati dai vari istituti locali ed internazionali confermano l’enorme crescita dell’interscambio, degli investimenti, delle esportazioni e delle riesportazioni di prodotti cinesi da Hong Kong verso altre destinazioni o di merci provenienti dall’occidente verso la Repubblica Popolare. Il massiccio afflusso di capitali modificò profondamente la struttura economica delle aree costiere della Cina meridionale trasformandola da agricola ad industriale, mentre quella di Hong Kong registrò la diminuzione del settore primario a vantaggio di quello dei servizi.

I destini delle economie prossime al “porto profumato”, quelle del Guangdong, di Taiwan e del Fujian finirono per intrecciarsi. La regione non disponeva di grandi risorse naturali e si affidò alla Madrepatria per l’approvvigionamento di acqua potabile, suini, bovini e farina; ¼ dell’energia elettrica consumata da Hong Kong proviene dalla centrale nucleare di Daya Bay (nel Guangdong) 2.

Lo sviluppo della regione e gli investimenti cinesi

Attualmente l’economia dell’Isola rappresenta circa il 2,7% di quella della Cina, mentre nel 1997 era pari al 18,4%; Hong Kong ha superato prima di altre economie avanzate la crisi finanziaria globale iniziata nel 2008 e ha continuato a crescere pur in un contesto internazionale reso turbolento dalle crisi dei debiti sovrani di diversi Paesi occidentali. Anche i prezzi del mercato immobiliare, dopo il forte calo subito per il crollo dei “titoli spazzatura” statunitensi, hanno superato i livelli pre crisi, pur rimanendo esposti al pericolo di acquisti speculativi.

La sua struttura economica si è basata sui servizi che hanno contribuito negli ultimi anni al 90% circa del PIL e dell’occupazione totale (il settore finanziario, assicurativo e immobiliare incide per il 26,5% del PIL, il commercio con l’estero e al dettaglio del 24%, la Pubblica Amministrazione e il welfare con il 17%, i servizi logistici con l’8,1%).

Dal 1997 al 2013 (cioè prima dell’inizio della cosiddetta “Rivoluzione degli ombrelli”, iniziata nel 2014), il PIL di Hong Kong ha realizzato una crescita sostanziale del 3,4% all’anno, quello per abitante è complessivamente cresciuto del 39,3% (stimato in dollari americani) ed è stato classificato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) al settimo posto nel mondo in termini di poteri di acquisto; secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e sullo sviluppo, l’Isola occupa invece il terzo posto globale in termini di investimenti diretti esteri (IDE).

Uno degli istituti giuridici che ne hanno favorito lo slancio è stato il Closer Economic Partnership Arrangement (CEPA) firmato con la Cina, che ha consentito ad un numero significativo di imprese di beneficiare del reciproco interesse all’integrazione e allo sviluppo. Il trattato si attiene alle norme previste dalla World Trade Organization (WTO), l’Organizzazione Mondiale del Commercio, al fine di armonizzare e migliorare le rispettive realtà industriali e commerciali, così come per promuovere un reciproco sviluppo stabile e duraturo.

Le misure di liberalizzazione hanno consentito una progressiva esenzione dei dazi per quasi tutti i tipi di prodotti, ad eccezione di quelli considerati “sensibili” come i residui chimici, successivamente allargando il regime privilegiato dei servizi a 32 tipologie che comprendono tra gli altri il settore legale, quello delle costruzioni, della distribuzione, delle assicurazioni, delle banche, della formazione professionale, del turismo, della cultura, della sanità, dei trasporti. In base al CEPA, per beneficiare del regime privilegiato, i prodotti devono essere originati o subire una trasformazione sostanziale ad Hong Kong; la S.A.R. con l’accordo stesso si impegna a continuare a non applicare, come per il passato, nessuna tariffa daziaria per l’importazione di merci dal continente, e le stesse condizioni sono applicate dalla Cina continentale per le merci di origine Hong Kong indicate nell’allegato 1; entrambe le parti escludono la possibilità di applicare norme anti dumping. Trattandosi di un accordo cosiddetto win win, dal quale cioè ciascuna delle parti si attende di ricavare soltanto benefici, è prevista comunque una clausola (art. 9) per cui, in caso di una temporanea e particolare congiuntura sfavorevole per un settore di una delle parti, previa comunicazione scritta, è prevista la sospensione senza indugio della importazione di particolari prodotti. Anche le società straniere possono avvantaggiarsi dell’accordo C.E.P.A. per entrare nel mercato cinese e non sono obbligate a stabilire, a tale preciso scopo, la propria sede nell’ambito della Regione speciale ma devono soltanto rispettare le regole generali per le quali il prodotto possa rispondere ai requisiti stabiliti per attribuzione del certificato di origine. I servizi di consulenza e commerciali, finanziari, legali e bancari offerti da Hong Kong divengono quindi il principale veicolo per accedere a tali nuove opportunità da realizzare sul territorio continentale.

Il governo della S.A.R. ha messo in campo dei meccanismi di scambio e cooperazione a diversi livelli e ha toccato differenti settori al fine di coordinare e far progredire le attività interessate. Tra di essi, la zona di cooperazione Shenzen-Hong Kong, funzionale ai servizi moderni del porto in acque profonde di Qianhai e del nuovo quartiere di Hengqin a Zhuhai.

Il risultato che ne è scaturito rispecchia l’aspetto più spettacolare dell’Isola, senza dubbio i suoi grattacieli (le più importanti gallerie d’arte del mondo hanno aperto qui le proprie sedi), una fila luccicante di edifici accostati uno addosso all’altro nelle strade di Central District, il tempio assoluto del capitalismo, con i suoi centri commerciali lussuosi e i negozi alla moda.

La popolazione di Hong Kong si è costituita per ondate successive di immigrati poveri provenienti in particolare dal vicino Guangdong; grazie alla loro instancabile e perseverante etica del lavoro l’Isola è divenuta ricca, mentre i suoi abitanti tengono molto all’immagine pubblica che riflette il rispetto dovuto a quanti hanno saputo farsi strada in mezzo alle dure avversità del passato 3.

Il 92% degli oltre 7 milioni di abitanti della città di Hong Kong (le oltre 200 isolette circostanti rimangono semi disabitate) sono cinesi, il dialetto, il cibo e la cultura cantonesi costituiscono il tessuto della società, le numerose feste e tradizioni ne riflettono lo spirito e vengono rispettate anche dalle altre comunità come i filippini (circa 185.000), i thailandesi e gli indonesiani; le minoranze occidentali, inglesi, australiani, americani, canadesi ed europei rimangono solitamente più dediti alla “città degli affari”.

Il Pacific Place, un mix di percorsi pedonali, boutique, cinema, uffici, alberghi di lusso e ristoranti, completato negli anni Novanta, rispecchia l’ottimismo e la crescente ricchezza dell’Asia in un periodo di enorme decollo economico.

L’Airport Core Program Exhibition Center (ACPEC), a circa 45 km dal Central District, ripercorre la costruzione delle imponenti infrastrutture che portarono alla creazione e al funzionamento dell’Aeroporto Internazionale di Hong Kong, sull’isola di Lantau, costato 16 miliardi di dollari; esso consente di ammirare i due impressionanti ponti di Tsing Ma (con i suoi 2,6 km è il ponte stradale e ferroviario sospeso sull’acqua più lungo al mondo) e Tin Kau. Il trasporto aereo delle merci e dei passeggeri, tra il 1998 e il 2013, è cresciuto di oltre il doppio (2,53 e 2,18 volte rispettivamente); Hong Kong ha siglato con 67 Paesi un accordo relativo al trasporto aereo civile e uno di transito nello stesso settore. Essendo un hub regionale fondamentale per l’Estremo Oriente, il suo aeroporto è collegato con tutto il mondo; la principale compagnia aerea è la Cathay Dragon, che opera voli giornalieri dall’Europa.

Nell’ottobre 2018, dopo otto anni di lavori, è stato inaugurato invece il ponte che collega Hong Kong a Macao, passando per Zhuhai, al fine di ridurre i tempi di percorrenza tra le due città (attualmente collegate da una serie di traghetti veloci) a soli trenta minuti.

Canton è facilmente raggiungibile con poche ore di traghetto oppure con la nuova linea ad alta velocità ferroviaria XRL (Hong Kong Express Rail Link) in soli 48 minuti. La MTR (Mass Transit Railway), che gestisce non solo la ferrovia ma anche la metropolitana (sistema suburbano compreso), connette i Nuovi Territori fino al confine cinese a Lo Wu e Lok Ma Chau.

All’interno Hong Kong è dotata di un sistema di trasporti molto efficiente, economico e integrato tra compagnie pubbliche e private, possiede una delle flotte di autobus più grandi del mondo, i numerosi traghetti ne collegano il porto, la stessa Isola e Kowloon con le isolette esterne e la città satellite lungo la costa dei Nuovi Territori.

Essendo perfettamente congiunta alle porte della Repubblica Popolare Cinese, la Regione Amministrativa Speciale è il centro preferenziale per la gestione e il monitoraggio del business nel Sud Est asiatico e rappresenta la principale piazza finanziaria del continente (eletta da Pechino quale piattaforma internazionale in renmimbi), godendo di due enormi vantaggi: un sistema legale efficiente che garantisce un regime fiscale vantaggioso e libertà di movimento dei capitali, una popolazione bilingue che parla inglese e cantonese. La politica monetaria è affidata alla Hong Kong Monetary Authority che ha come compiti istituzionali il mantenimento della stabilità della moneta (il cui tasso di cambio è ancorato al dollaro statunitense), la gestione delle riserve valutarie, la garanzia della sicurezza del sistema bancario e lo sviluppo delle strutture finanziarie.

Sede di decine di migliaia di compagnie cinesi e straniere (almeno 70 dei primi 100 gruppi bancari mondiali vi sono presenti), i settori di maggiore interesse per gli investimenti diretti esteri sono le tecnologie innovative, il trasferimento di know how, l’Innovazione Tecnologica (l’Università di Scienze e Tecnologia di Hong Kong figura tra le prime dieci dell’Asia), le industrie creative, le telecomunicazioni, la finanza e le consulenze amministrative. Il rover lunare Yutu, lanciato sul Pianeta nel dicembre 2013 a bordo della sonda lunare Chang’e III, ha applicato il sistema di orientamento della telecamera sviluppato dagli esperti del Politecnico di Hong Kong.

Pechino ha garantito un costante flusso di capitali negli anni, adottando provvedimenti di liberalizzazione valutaria e consentendo la modifica del regime di residenza nella Regione Amministrativa Speciale; con oltre 40 Paesi sono stati siglati accordi relativi all’esenzione dei visti, mentre permessi di visita individuali vengono rilasciati ad imprenditori della Cina continentale. Il numero dei turisti cinesi è passato da 8,5 milioni nel 2003 a 49 milioni nel 2019.

Basato sulla Dichiarazione congiunta sino-britannica siglata nel 1984, il Basic Law and the US-Hong Kong Policy Act del 1992 presenta due componenti chiave per il mantenimento dello status quo: l’obbligo degli Stati Uniti di mantenere le sue relazioni bilaterali con Hong Kong in adempimento al trattato e lo statuto speciale garantito da Washington all’Isola dopo la consegna di sovranità alla Cina, vitale per lo sviluppo economico passato e futuro, nonostante gli scambi commerciali tra le due parti siano declinati dal 14% del 2001 all’8% del 2019.

La Banca Mondiale ne ha riconosciuto più volte l’efficienza assoluta per lo svolgimento delle attività imprenditoriali, per la rapidità nel rilascio di permessi per le costruzioni, per il commercio transfrontaliero, per il rispetto dei contratti, per la protezione degli investimenti e il pagamento delle tasse. Hong Kong ha aperto 11 agenzie incaricate degli affari economici e commerciali: a Ginevra, Bruxelles, Londra, Toronto, Tokyo, Singapore, Sidney, Washington, New York, San Francisco e Berlino.

Questi risultati hanno generato importanti benefici anche dal punto di vista sociale: la mortalità dei nuovi nati è passata dal 4% del 1997 all’1,6% del 2013, la speranza di vita nello stesso periodo è cresciuta fino a 80,9 anni per gli uomini e 86,6 anni per le donne.

I meccanismi legali per l’autonomia finanziaria di Hong Kong

Gli analisti di tutto il mondo hanno individuato una serie di fattori all’origine del successo economico di Hong Kong: l’impossibilità per altri centri finanziari in Asia di promuovere la propria piazza quale riferimento offshore valido o di stimolare le proprie attività fiduciarie; al contrario, Hong Kong è libera dalle lungaggini burocratiche comuni in molte nazioni della Regione; possiede un sistema fiscale semplice e una bassa aliquota fiscale; non ci sono controlli dei cambi; offre efficienti servizi bancari e di custodia; si avvale di una buona rete di comunicazione, di un ambiente politico stabile (specie se confrontato con altre piazze asiatiche) e di un pool di personale amministrativo e burocratico altamente efficace; è retta da un ottimo sistema legale, con una squadra di efficienti avvocati ed esperti di investimenti, insieme ai broker delle multinazionali; anche se i prezzi delle proprietà non sono a buon mercato, sono comunque inferiori ad esempio a quelli di Tokyo 4.

Esistono ad Hong Kong numerose ordinanze che consentono la protezione degli investimenti stranieri, insieme alla stessa Basic Law (il suo articolo 109, in particolare, prevede che il governo debba assicurare un appropriato ambiente economico e legale per il mantenimento dello status di Hong Kong quale centro finanziario internazionale); il Securities Bill (Insider Dealing) del 1989, ad esempio, poi sottoposto ad alcuni emendamenti 5.

La Protection of Investors Ordinance (PIO) tutela ogni persona che sia stata indotta a stipulare un accordo in maniera fraudolenta.

L’Ordinance Companies (CO) è il primario punto di legislazione che governa le società e le loro attività, dall’incorporazione alla liquidazione; i suoi successivi cambiamenti riflettono solitamente quelli realizzati dall’omonima normativa in Gran Bretagna.

La Securities and Futures Odinance (SFO), entrata in vigore nel 2003, la più larga e dettagliata nella storia della Regione Autonoma Speciale, serve consolidare e modificare la legge relativa ai prodotti finanziari, al mercato dei titoli e dei futures e al settore dei titoli e dei derivati, la regolamentazione delle attività e altre questioni connesse con i prodotti finanziari, la protezione degli investitori e le eventuali problematiche legate al tema.

Lo stesso Corporate Governance Code, con la sua lunga lista di regole di comportamento, principi e raccomandazioni è stato più volte emendato proprio per tutelare la rappresentanza e i controlli. Mentre la Repubblica Popolare Cinese si è ispirata al modello tedesco per quanto riguarda la supervisione sulle strutture di governo societario che prevede almeno due o tre livelli, Hong Kong adotta un sistema di consiglio con un solo livello sull’esempio britannico e statunitense.

I diritti di prelazione servono a proteggere gli azionisti dalla diminuzione del valore monetario e dalla diluizione dei controlli. Un’azionista viene protetto nel caso in cui gli affari di una società costituita a Hong Kong siano condotti in modo ingiustamente pregiudizievole per i suoi interessi; egli può presentare istanza al tribunale per lo scioglimento della società o fare un ordine appropriato che regoli gli affari della società. Inoltre, su richiesta di un numero determinato di membri, il segretario finanziario può nominare ispettori ai quali sono conferiti ampi poteri statutari per indagare sugli affari di una società e tutelare la minoranza azionaria.

La SFO specifica sei tipi di “cattiva condotta di mercato”: abuso di informazioni privilegiate, falsa negoziazione, manovra sui prezzi, manipolazione del mercato, divulgazione di informazioni sulle transazioni vietate, divulgazione di false o fuorvianti informazioni. Questi abusi vengono sanzionati sia civilmente sia penalmente nei capitoli XIII e XIV dell’Ordinanza di Sicurezza, imponendo ai vari partecipanti al mercato un’assunzione precisa di responsabilità.

Per quanto concerne la borsa valori, Hong Kong ha adottato un quadro normativo a tre livelli; il primo comprende gli operatori in prima linea del mercato, cioè le due borse e le loro tre stanze di compensazione associate. In seguito alla loro fusione, avvenuta il 6 marzo 2000, tutte sono state raggruppate sotto l’Hong Kong Exchanges and Clearing Limited (HKEx). Gli organi di scambio, la Stock Exchange Unification Ordinance (SEHK) e la Hong Kong Futures Exchange Limited (HKFE), hanno rafforzato questo ruolo imbracciando un approccio autoregolamentato ai loro stessi mercati che ne disciplina i membri, gli emittenti obbligazioni e i rivenditori (quando opportuno). La Securities and Futures Commission (SFC), organo indipendente istituito nel 1989 per regolare e supervisionare i titoli e il mercato dei derivati, è il secondo livello e, nei fatti, il regolatore principale. Il ponte tra la SFC e i due organi di scambio è la HKEx; il livello finale è lo stesso governo, che non è coinvolto nella regolamentazione quotidiana dei titoli e dell’industria dei futures, perché ne affida la funzione al Financial Services Branch (FSB) dei servizi finanziari e al Treasury Bureau.

L’FSB mira a mantenere e a migliorare lo status di Hong Kong quale maggiore centro finanziario internazionale, garantendo la fornitura di un ambiente economico e legale appropriato, assicurando che i suoi mercati rimangano aperti, equi, trasparenti ed efficienti.

I meccanismi sanzionatori adottati negli anni hanno quindi prodotto bassi tassi di corruzione, alti livelli di protezione per gli investitori, maggiore attrazione di capitali e cospicui rendimenti.

Superata la crisi dovuta in buona parte alle speculazioni borsistiche condotte dal magnate USA George Soros (dichiarato persona “non grata” in Malesia) proprio nel 1997 e che condusse al crollo delle piazze finanziarie asiatiche, Hong Kong è divenuta un hub straordinario per gli investimenti diretti esteri della Repubblica Popolare Cinese: nel 2018, il 50% degli IDE verso l’interno e il 54% verso l’esterno sono transitati attraverso la sua Regione a statuto speciale.

Il rapporto tra attività bancarie e PIL è cresciuto dal 462% del 2002 al 846% del 2018, il ruolo del suo settore finanziario nel credito a favore delle imprese cinesi è incrementato dal 22% del 2010 al 37% del 2018. Hong Kong è sede del 54% delle emissioni di obbligazioni in yuan offshore e di oltre il 50% dei depositi in renminbi.

La competitività globale di Hong Kong e la città-porto

Hong Kong è la porta d’accesso al centro manifatturiero mondiale, il delta del Fiume delle Perle, che include la provincia del Guangdong, con 104 milioni di abitanti una delle più popolose della Cina; il Fiume delle Perle è uno dei tre più importanti corsi d’acqua della Cina insieme allo Yangtze e al Fiume Giallo. Il suo delta sfocia a Sud, nel Mar Cinese Meridionale, a metà tra l’isola di Hainan e Taiwan, in una posizione strategica per le sorti della geopolitica mondiale. Una migliore connettività marittima, infatti, consente di diminuire il costo delle importazioni ed aumentare il profitto delle esportazioni.

Negli anni Settanta, il delta del Fiume delle Perle era una zona prevalentemente rurale, Shenzhen un villaggio di pescatori e Hong Kong ancora una colonia britannica. Quando Deng Xiaoping lanciò la politica di riforma e apertura, il destino del delta cambiò. Furono create tre zone economiche speciali nel Guangdong (Shantou, Shenzhen e Zhuhai) e una nel Fujian (a Xiamen), poco più a Nord.

Dopo il ritorno dell’Isola alla Madrepatria cinese nel 1997 la regione ha subito un decollo economico straordinario; Shenzhen, con i suoi 12,5 milioni di abitanti, è divenuta oggi il terzo porto per trasporto di container al mondo ed è considerata la Silicon Valley cinese. La città ospita uno dei poli tecnologici più importanti del Paese, la sede dei giganti tecnologici Huawei e Tencent e un centro di ricerca e sviluppo della Apple. Per questa ragione, il delta del Fiume delle Perle assume un ruolo fondamentale per la trasformazione della Cina in una superpotenza manifatturiera e nella competizione con gli Stati Uniti d’America nel campo dell’intelligenza artificiale.

La crescita del “porto profumato” tra il 1972 e il 2012 è stata straordinaria, successivamente – anche se il “porto profumato” rimane il settimo scalo marittimo al mondo per la gestione dei container (era il quarto nel 2013) – Hong Kong è stato superato da altri scali cinesi a causa della limitatezza del territorio già ampiamente sfruttato per le strutture portuali: essi sono Shangai, Shenzen, Ningbo e Guangzhou. A dispetto della posizione centrale, infatti, la maggior parte dei suoi collegamenti marittimi si sovrappongono a quelli di Shenzen; ogni anno più di 30.000 navi oceaniche e circa 170.000 battelli fluviali attraccano comunque ad Hong Kong, in aggiunta alle varie chiatte, traghetti, crociere e barche da pesca.

Nel 2007 il Dipartimento della Pianificazione e l’Ufficio dello Sviluppo implementarono l’Hong Kong 2030 Planning Vision and Strategy (HK2030), al fine di proiettare e definire il futuro di Hong Kong a lungo termine in diversi ambiti quali: ambiente, alloggi, trasporti e logistica, utilizzo della terra, sviluppo infrastrutturale e culturale 6. Questo studio ha identificato i bisogni e ha provveduto alle strategie per lo sviluppo del porto; esso è stato identificato come una delle aree chiave per il raggiungimento della competitività economica complessiva di Hong Kong, tenendo conto delle raccomandazioni del Master Plan 2020 adottato nel 2004.

Il governo della S.A.R. e quello di Pechino hanno approvato nel 2008 un nuovo punto di controllo del confine a Liantang/Heung Yuen Wai nel nord-est dei Nuovi Territori, allo scopo di potenziare ulteriormente la rete dei trasporti e promuovere la coesione tra l’ex colonia e la Madrepatria.

Lo sviluppo regionale del delta del Fiume delle Perle e la cooperazione tra Hong Kong, Guangdong e Macao sono stati così progressivamente elevati a strategia di sviluppo nazionale dal Consiglio di Stato cinese nel 2009, quindi inseriti nel dodicesimo Piano Quinquennale (2011-2015) della Cina con l’intenzione di raggiungere una maggiore integrazione tra i vari territori.

La linea ferroviaria veloce Guangzhou-Shenzhen-Hong Kong (XRL) e il ponte Hong Kong-Zhuhai-Macao rappresentano dal punto di vista infrastrutturale il simbolo di questa volontà.

Hong Kong prevede una riserva di tassazione dedicata per il calcolo degli utili delle compagnie di navigazione, inoltre è prevista l’esenzione fiscale per i proventi dei carichi internazionali. In termini di attrazione di sedi portuali, il “porto profumato” ha una politica territoriale che specifica come il reddito generato al di fuori di Hong Kong non sia soggetto a tassazione. Ad eccezione del trasporto dei container e di merci alla rinfusa, compagnie di crociera, traghetti, trasporto passeggeri rappresentano la sua principale attività commerciale e la composizione del suo portafoglio economico diversificato. In virtù dello status di “porto franco”, la maggioranza delle merci in entrata ed uscita da Hong Kong non è inoltre sottoposta ad alcun dazio doganale. Esistono infatti esclusivamente quattro tipi di merci sottoposte a dazio: tabacco, alcoolici in genere, idrocarburi ed alcool metilico.

Il governo della città ha siglato diversi accordi bilaterali con i suoi partners commerciali al fine di evitare la doppia imposizione fiscale sul reddito derivante dalle operazioni di spedizione internazionale, così come un’esenzione fiscale reciproca (RTE) e altri accordi di natura fiscale (DTA). I requisiti prescritti per procedere ad attività di importazione o esportazione sono minimi e le procedure estremamente semplificate.

I servizi di consulenza e commerciali, finanziari, legali e bancari offerti da Hong Kong sono il principale veicolo per accedere a tali nuove opportunità da realizzare sul territorio continentale. Il porto di Hong Kong è sempre stato in grado di offrire ai propri clienti dei servizi migliori definiti “vantaggi di costi immateriali” quali, per esempio, la frequenza del servizio, l’elevata produttività, i tempi di sosta più brevi, i servizi doganali semplificati, lo status di “porto franco” ecc. Il vantaggio derivante da questi servizi “immateriali” è stato sufficientemente ampio da poter compensare i maggiori costi materiali rispetto a Shenzhen, ma la concorrenza dei porti meridionali ha gradualmente eroso il margine di svantaggio al punto che ormai la scelta del porto è determinata quasi esclusivamente sulla misura dei costi materiali 7. Pur in presenza, tuttavia, di un declino del traffico di trasbordo, uno dei grandi vantaggi di Hong Kong, cioè la vasta rete di collegamenti internazionali, può costituire una compensazione anche ad una riduzione delle spedizioni d’alto mare. È diventata quindi una priorità portare a termine le iniziative a favore della potenzialità del porto di Hong Kong nel 2020, cioè sia l’individuazione di nuovi terreni nei pressi di Kwai Chung e di Tsing Yi, da attrezzate a terminal container, sia la necessità di provvedere agli adempimenti connessi.

Note

1 Maria Weber, Rapporto Cina. Il successo del socialismo di mercato e il futuro di Hong Kong, Fondazione Agnelli, Torino, 1995, p. 90.

2 Giorgio Criscito, Hong Kong, ieri, oggi, domani, in “Limes” n. 9/2019, p. 12.

3 Antonio Pollio Salimbeni – Lina Tamburrino, Il Drago. Hong Kong, la Cina e l’Occidente alla vigilia del nuovo millennio, Donzelli, Roma, 1997.

4 Robert Haney Scott – Kie Ann Wong, The Hong Kong Financial System,Oxford University Press, New York, 1991, pp. 126-127.

5 Flora Xiao Huang and Horace Young, Chinese Companies and the Hong Kong stock market, Routledge, London, 2014, pp. 58-60.

6 Olaf Merk – Jing Li, The Competitiveness of Global Port-Cities: the case of Hong Kong, OECD Regional Development Working Papers, 2013.

7 Davide Napolitano Dagiat, Il regime giuridico del porto di Hong Kong nel sistema dei traffici marittimi internazionali, “Trasporti: Diritto Economia Politica” – n. 111, 2010.

Iscriviti alla nostra Newsletter
Enter your email to receive a weekly round-up of our best posts. Learn more!
icon

Progetto di Ricerca CeSE-M

Dispacci Geopolitici

MATERIALI CORSO ANALISTA GEOPOLITICO 2023

Il CeSE-M sui social

Naviga il sito

Tirocini Universitari

Partnership

Leggi anche