La Romagna pontificia e l’Impero Russo: rapporti diplomatici, culturali, politici

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Intervento di Michail Talalay (Accademia Russa delle Scienze) al convegno L’Ortodossia in Emilia Romagna tra Bisanzio e Mosca tenutosi a Modena il 18 novembre 2017.

I territori dell’Emilia Romagna che facevano parte dello Stato Pontifico hanno cambiato i loro confini amministrativi varie volte, ma noi li consideriamo in questa occasione come una regione storica, con le città come Ravenna e Bologna. Naturalmente, nel complesso questi territori sottoposti al Papa non hanno avuto la loro indipendenza nei tempi moderni.

Il gabinetto di Pietroburgo, a cominciare da Pietro il Grande e terminando con Alessandro II, sotto la quale la Romagna Pontificia cessò di esistere, evitava la creazione di forti legami diplomatici con lo Stato Pontificio.
Però l’entrata energica di una nuova Russia sotto Pietro nell’arena politica europea ha cambiato significativamente l’equilibrio del potere in Europa. Per i progetti mediterranei, il monarca russo ha pensato alle possibili coalizioni con gli Stati italiani, come testimoniano i viaggi dei suoi emissari (B. Sheremetev, P. Tolstoj), esplorando il terreno per l’unione antiturca e altre opportunità.

I viaggi di questi due uomini sono legati ai primi contatti della Romagna Pontificia e dell’Impero Russo. Un valore speciale possiede il diario di Petr Tolstoj che ha visitato questa terra nel 1698. Lui ha lasciato una descrizione dettagliata delle città romagnole per la prima nella letteratura russa. Essendo un uomo religioso, Tolstoj prestò attenzione alle chiese e ai monasteri in Romagna, sottolineando che sono numerosi e che sono tutti di pietra (che non può non sorprendere un uomo russo).

Sembra che i viaggiatori russi non sapessero che il costruttore della cattedrale principale di Mosca, cioè Aristotele Fioravanti, provenisse dalla Romagna. Ma Tolstoj ha ripetutamente sottolineato che vari edifici italiani gli ricordavano il Cremlino. Infatti i rosoni che ornano il bugnato delle colonne bolognesi richiamano, come un déjà vu, le pareti del Palazzo delle Faccette, sulla piazza delle Cattedrali di Mosca. E proprio a Bologna, dove, più di 500 anni fa Aristotile Fioravanti affinava la sua arte, senza sapere che sarebbe diventato uno degli architetti più famosi in Russia. Stimato al punto tale che, dopo aver costruito la cattedrale della Dormizione, una delle più importanti del Paese, e progettato il piano del Cremlino, non ottenne dallo zar Ivan III il permesso di andarsene. E fu costretto a trascorrere l’ultimo periodo della sua vita a Mosca.

Comunque nel Settecento le relazioni diplomatiche fra la Russia e lo Stato Pontificio erano a zero; lo Stato russo ha evitato diplomaticamente i papi di Roma a causa della situazione di conflitti secolare, gravata dalla divisione dogmatica e istituzionale delle Chiese occidentali e orientali.

Oltre agli eventi storici di diverso tenore, che hanno collocato Russia e Roma in un campo di avversari politici, le eventuali relazioni diplomatiche sono state influenzate negativamente da concetti statali decisamente opposti. I papi, secondo la propria ecclesiologia, si consideravano capi (e non solo spirituali) di tutti i cattolici, inclusi soggetti di potenze straniere, a causa della dualità del papato, che combinava sia la Chiesa che lo Stato. Contemporaneamente, la monarchia russa si considerava l’unico sovrano autocratico dell’intera popolazione del paese, indipendentemente dalla sua confessione. Nel Settecento pero’ esistevano i rapporti culturali fra la Russia e la Romagna. La biblioteca universitaria a Bologna, invece, custodisce diversi libri dello scienziato russo Mikhail Lomonosov che, insieme a Dmitrij Mendeleev, divenne membro dell’Accademia delle Scienze di Bologna verso la meta’ del Settecento. Proprio all’Accademia bolognese Lomonosov regalò alcuni volumi, ora custoditi nelle eleganti sale della biblioteca, insieme a diverse altre opere russe del prezioso Fondo Mezzofanti.

Il primo timido tentativo di stabilire relazioni diplomatiche appartiene all’inizio del regno di Alessandro I, ma durante le guerre napoleoniche i rapporti si interruppero. Ripresero con Nicola I, che visitò personalmente gli Stati Pontifici, tra cui la Romagna. In memoria di questa visita nel 1845 a Bologna nel Palazzo Albergati (via Saragozza, 28), dove soggiornò l’imperatore, fu eretta una targa commemorativa.

La successiva importante visita politica in Romagna è dei suoi due figli, Nicola e Michele nel 1852. Granduca Nicola ha tenuto un diario dettagliato, che abbiamo pubblicato quest’anno a Mosca.

Nicola scrive:
Siamo arrivati ​​a Bologna alle 7 del mattino e siamo andati alla Certosa, al Camposanto, un cimitero, un miracolo, sarebbe bello essere sepolto qua’…

Anche prima del Granduca negli anni 1830 il cimitero fu visitato dall’aristocratico Aleksandr Turgenev:

Sono sceso al cimitero di Certosa, che qui, come a Pisa, può presto essere chiamato museo. Campo-Santo è ricco di bellissimi monumenti in statue e in pittura. … i suoi campi erano seminati con morti, alcuni dei quali vennero a vivere – in statue e busti!

Continua il Granduca

I monumenti sono meravigliosi… che bella veduta dalla chiesa di San Michele in Bosco!

Visitando la basilica di San Petronio, il Granduca rimane colpito dalla sua vastità e semplicità. Durante il suo viaggio il Granduca ha incontrato (pero’ a Roma) uno dei piu’ grandi pittori dell’Ottocento russo, Karl Brjullov. Sappiamo che il pittore amava Bologna e cercò anche di comprare quì una casa, per trasferirvisi definitivamente. Di lui resta a Bologna un quadro originale, quasi sconosciuto, esposto nella Galleria Comunale d’Arte. Realizzata su commissione, l’opera ritrae lo scultore locale Cincinnato Baruzzi, suo grande amico, titolare della cattedra di scultura all’Accademia di Bologna.

Un altra storia importante e’ quella del tenore russo Nikolaj Ivanov – Nicolino, come lo chiamava Rossini nelle sue lettere, raccolte e pubblicate nel libro “Nicola Ivanoff, un tenore italiano” (Sandro Teti Editore). La sua voce ha incantato il pubblico del Teatro Comunale di Bologna, dove per anni si è esibito sulle note delle opere che Verdi e Donizetti scrissero appositamente per lui. A Bologna Ivanov era molto stimato. È morto qui, dopo una lunga querelle con lo zar Nicola I, che voleva il suo ritorno in patria.

Infine va citata una storia particolare legata alla figura dell’aristocratico russo Gregorio Shuvalov (1804-1859) diventato in Italia un monaco barnabita padre Agostino Maria. Nella chiesa bolognese di San Paolo Maggiore, costruita nel 1611 dai padri barnabiti, è custodito un gioiello dell’arte iconografica: un altarino in stile russo sormontato da una copia della Santa Trinità di Andrej Rublev, il più grande pittore russo di icone: un omaggio per celebrare la spiritualità ortodossa. Ai piedi dell’altarino, chiuse in una tomba di marmo, ci sono le spoglie di padre Gregorio Agostino Maria Shuvalov, nato a San Pietroburgo da una famiglia di aristocratici e perdutamente innamorato dell’Italia, dove trascorse buona parte della sua vita. Morto in Francia, Shuvalov è tornato nel capoluogo emiliano dopo un lungo lavoro per la traslazione della salma.

Grazie per l’attenzione – Spasibo!

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