“The arc of steel”: la strategia artica russa

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FOCUS RUSSIA

La politica di sicurezza varata dalla Russia è imperniata sulla negazione alle Forze NATO delle acque profonde, “deep water”, dal Mediterraneo alla regione artica. La proiezione di forza è uno dei deterrenti compresi in questo viatico intrapreso per la conquista ed il controllo di un’area vastissima che può garantire l’approvvigionamento di risorse naturali vitali per la Russia e le nazioni alleate. Un progetto che dovrebbe essere portato a termine entro il 2020. L’Artic build up russo, è sostanzialmente sovrapponibile a quanto predisposto dagli Stati Uniti per limitare l’espansione dell’antico nemico nella regione artica.

La differenza che si evidenzia è nella strategia del dislocamento delle unità da guerra: mentre la Russia sta implementando le basi sui ghiacci artici ed ammodernando la sua flotta di superficie, gli statunitensi affermano la supremazia, in particolare, con le unità sommerse, ma mantengono nell’area anche le portaerei allo scopo di detenere la superiorità aerea.

Questo è il risultato di una diversa politica militare e delle priorità che i due governi si sono prefissati: la Russia investirà principalmente nelle navi rompighiaccio e tenterà di controllare le distese artiche con basi permanenti; gli Stati Uniti puntano su forze di dissuasione high tech, come i velivoli stealth, che possono essere ridispiegati velocemente in altre zone del globo terrestre a copertura di nuovi stati di crisi. E’ da valutare quale strategia sarà la migliore.

La scelta russa delle rompighiaccio è orientata a creare dei passaggi nella banchisa per spostare più velocemente le proprie unità in caso di conflitto: in tal modo disporrebbero di una maggiore capacità di movimento per intercettare il naviglio avversario. Ma strategicamente il sommergibile rimane la migliore piattaforma per operare nell’Artico, quanto per negare ampi spazi marini alle unità nemiche.

I due attori principali stanno tentando di raggiungere un equilibrio di forze in un rincorrersi che sembra tornare ai tempi del bipolarismo della Guerra Fredda. Infatti, gli Stati Uniti probabilmente stanzieranno un miliardo di dollari per la progettazione di una nave rompighiaccio, mentre la Russia ha già varato una nuova classe di unità sommerse e nel triennio 2017-2020 farà entrare in servizio l’Artika, la Sibir e la Ural tre navi rompighiaccio a propulsione nucleare.

La dinamicità del processo di ammodernamento della Flotta del Nord, è nel varo di un pattugliatore artico, il Poljarnaja Zvezda e da tre mini sommergibili nucleari classe Kalitka, che si aggiungono ad altri due già presenti nell’area, per le operazioni di ricerca delle risorse naturali e per le istallazioni di oleodotti. Attualmente la Russia dispone di 30 sommergibili nucleari multiruolo, che saranno presto dotati del siluro a cavitazione VA-111 Skhkval da 300 km/h, e 12 SSBN, ma la cantieristica navale della Federazione è in continua evoluzione con due nuovi battelli subacquei di quinta generazione specializzati nell’interdizione alle portaerei e come unità di scorta ai sommergibili balistici.

Il progetto è gestito dalla Malakhit Marine Engeneering Design Bureau e dovrebbe concludersi entro il 2020. In questo sono compresi anche piattaforme con moduli unificati ed armi robotizzate integrate. Ma l’unità di punta è la portaerei Proekt 23000E Shtorm, il cui varo è previsto per il 2030, con capacità di condurre operazioni artiche, ingaggiare bersagli terrestri e marittimi, proteggere le truppe terrestri e garantire la difesa aerea. L’unica negatività della nuova unità di superficie sarà la propulsione convenzionale che limiterà i tempi di permanenza nelle aree di crisi poiché l’autonomia è stimata a 120 giorni.

In ogni caso, con gli 80 velivoli di cui potrà disporre, sarà una formidabile avversaria in considerazione che fra questi annovererà i T-50 ed aeromobili per l’allarme immediato. La sua costruzione si baserà sul concetto “double deck”, in modo da lanciare quattro caccia contemporaneamente: due dalle rampe sky jump e due dalle catapulte elettromagnetiche. Il propulsore garantirà una velocità di punta pari a 32 nodi, e ciò le consentirà un più immediato schieramento per operare in aree ad alta conflittualità, anche in funzione della sua difesa affidata a quattro sistemi missilistici antiaerei, da due postazioni anti siluri, sensori integrati, radar a scansione digitale ed ECM. Il gruppo da battaglia della portaerei dovrebbe essere composto da due battelli Proekt 23560E, cacciatorpedinieri con capacità di interdizione al suolo, aerea ed ASW.

La dinamicità della Difesa Russa ha origine dalle sanzioni occidentali, pertanto dal mostrare di essere perfettamente in grado di garantire la propria difesa con prodotti esclusivamente progettati ed assemblati sul proprio suolo. Altre unità di superficie sono in via di sviluppo come anche la componente aeronautica, ma lo squilibrio delle forze con la NATO non è ancora completato.

Il controllo di un territorio passa attraverso la dislocazione di basi a terra, e la Russia è in vantaggio sugli altri competitors agevolata dalla presenza numericamente più importante di abitanti nell’area contesa, a cui si aggiungono le infrastrutture militari la cui costruzione è testimoniata inequivocabilmente dalle immagini satellitari raccolte dalla rivista Stratford ed Analisis All Source. Il dispiegamento difensivo ha la sua testa di ponte nelle basi aeronavali nella Terra di Francesco Giuseppe e nelle Isole della Nuova Siberia. Queste saranno implementate con due brigate artiche che dovrebbero essere operative nel 2017: il gruppo Artico Nord sarà composto da formazioni di fanteria meccanizzata schierate nella regione di Murmansk e nel distretto di Jamal-Nenets. Il reggimento da guerra elettronica della Flotta del Nord è di stanza ad Alakurtti. La difesa aerea è per il momento affidata al sistema d’arma Pantsir, ma probabilmente subirà una revisione a favore di SAM più moderni.

Dal 1° dicembre 2014, è attivo il Comando Strategico per l’Artico, inquadrato nella Flotta Settentrionale, ma con l’ambizione di renderlo indipendente dopo l’accorpamento di una divisione della Difesa Aerea. Gli aeroporti regionali sono tutti in fase di ammodernamento, ed al termine dei lavori dovrebbero essere 13 quelli pienamente operativi. In particolare quello di Tiksi assumerà una posizione strategica. Questo è una unione di altri tre aerodromi minori che, al tempo della Guerra Fredda, ospitavano i bombardieri a lungo raggio.

Nei progetti russi, Tiksi tornerà a rivivere gli antichi fasti e vi saranno rischierati anche gli intercettori MIG-31. I droni, oramai assorti a sistema d’arma fondamentale per la difesa, saranno basati ad Anadyr, ed un reggimento di SAM S-400 sarà di base nella penisola di Kola, nella Kamchatka e nell’arcipelago di Novaja Zemla. Nella Zemlja Aleksandry, nel Mare di Barents, è operativa la base di Trefoil, la quale sarà occupata stabilmente da un contingente di 150 soldati.

Tutto l’apparato militare artico russo confluirà nel “Comando Strategico Unificato Nord”, e sarà un singolo ed indipendente comando strategico con il ruolo di affermare la potenza regionale russa.

Giovanni Caprara

Bibliografia
Romaric Thomas, “Artico, questione di sicurezza nazionale della Russia”. Aurora, 2014
Tatiana Santi, “La geopolitica dell’Artico”. La voce della Russia, 2014
Duncan D. Quartz, “Come la Russia potrebbe annettere l’artico”. Defense One, 2015
Fabio Ragno, “Russia: un comando per le forze aeree dell’Artico”. Analisi Difesa
James Bamford, “Frozen Assest”. Foreign Policy
The Saker, “La Russia si muove per proteggere i suoi interessi nell’artico”. La prospettiva del falco, agosto 2015
Alessandro Lattanzio, “La nuova politica navale della Russia”. Aurora, luglio 2015
Christoper Cavas, “The arc of steel”. Defence News, ottobre 2015

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